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Se avete letto

questo mio recente articolo, un accorato invito a fidarvi delle vostre braccia così come il cantante si fida della vibrazione e risonanza delle proprie ossa, comincerete a penetrare in profondità il mistero della tecnica pianistica, che prende senso solamente se inserita nel contesto della propria realtà corporea.

Ho scelto Alexandre Kantorow, pianista a mio avviso tra i più significativi della sua generazione,  perché vi fa vedere (e sentire!) come si suona con il proprio corpo, fidandosi delle proprie braccia, scatenando così una vibrazione intensa  nello strumento (ringraziamo Dio per l’invenzione del pianoforte!), a volte anche a partire dal silenzio, senza che il controllo auditivo (importante ma non sovrastante), interferisca in alcun modo…

Cerco di spiegarmi meglio, perché è un concetto innovativo e scomodo: l’orecchio, lasciato a se stesso, non è mai un buon amico del musicista.

Il controllo auditivo è importante, ma deve essere contestualizzato: se prevale prendendo le redini dell’esecuzione, genererà:

  1. per il cantante un suono non corretto (bello e controllato solo per il diretto interessato, ma non per l’ascoltatore o il microfono in sala di registrazione),
  2. per il pianista invece, un suono schiavo della tecnica (inclusi atteggiamenti maniacali verso il suono e l’accordatura o intonatura dello strumento), della performance e della paura di sbagliare.

Quello dell’ascolto vero, che genera libertà vocale nel cantante e liberazione della schiavitù dalla tecnica nel pianista, è in realtà un processo che matura di pari passo con il musicista, man mano che questi sceglie di avventurarsi verso nuovi lidi  e fondamentale per la salute della sua carriera professionale e artistica.

In questa nuova ottica assume nuovo senso il mito di Ulisse e le Sirene:

resistere all’ascolto per privilegiare la sensazione del corpo e autogenerare così sensazione, esperienza musicale, intensa e trasformativa, significativa.

Joaquin Achucarro che cerca per ore la massima comodità delle sue mani in un passaggio e suona splendidamente a 90 anni deve sostituire l’inquieto Benedetti Michelangeli sempre insoddisfatto del suono del suo pianoforte (perché non ha mai osato connetterlo al corpo e alle emozioni) nell’immaginario del nuovo pianista che, finalmente consapevole della legge quantica, sposta l’attenzione da un’altra parte.

Il corpo è il grande protagonista, le braccia il suo tramite (esattamente come la vibrazione ossea di un cantante ne è il corpo della voce) e adesso avete un nuovissimo e inedito ingrediente: fate come Ulisse e non fidatevi del vostro orecchio perché vi ingannerà.

Quindi se l’ascolto – fondamentale ma da rivedere nelle sue fondamenta – non è il miglior amico del pianista, cosa si può fare?

E’ semplice, potete utilizzare un registratore, anche il vostro cellulare va bene e registratevi. Esercitate continuativamente la correlazione tra la percezione delle vostre braccia-antenne e la vibrazione-sensazione che vi procura nel corpo e ascoltate ciò che avete registrato: rimarrete sorpresi dal risultato sonoro oggettivo, che sarà di gran lunga più ricco e vitale di un suono controllato che deve essere (ma solo per voi…) il migliore possibile. Quest’ultima, la vibrazione, di certo meno intensa di quella che crea un musico-cantante, non è meno importante e risulta evidente ogni volta che vi sedete di fronte ad un nuovo strumento, soprattutto se a coda; si ha l’impressione che la cassa toracica vibri.

Pianisti, è tempo di rivelazioni, è tempo di risvegli… stay tuned.

Alberto

 

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.