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Il materiale di questo articolo, profondamente rimaneggiato è confluito nel nuovo testo didattico dedicato alla lettura a prima vista e alle basi per la lettura di un testo pianistico. Qua trovate la veste originale con alcune aggiunte e rimaneggiamenti, dovute al continuo approfondirsi ed ampliarsi di questa nuova prospettiva del pianismo.

Alberto Guccione

Così come la “lettura della partitura” vera e propria è fondamentale

per il direttore d’orchestra per vedere e capire dall’alto – una specie di mappa – la musica cui dovrà dare vita e movimento, e così la conoscenza dell’armonia e l’analisi della forma per il pianista avanzato, tuttavia manca completamente una lettura della partitura – destinata al pianista – che sappia creare una via per comprendere i “gesti” necessari per lo studio e l’esecuzione e comprendere il movimento interno specifico di ogni autore.
La maggior parte degli autori che studiamo al pianoforte (salvo l’asse Scarlatti-Liszt-Ravel, il didatta Chopin e l’antigravitazionale Czerny) è anomala.

Immaginiamo che le ruote di una macchina non siano poste nel centro esatto, ma spostate; a macchina ferma non ci si accorgerà di niente, a velocità minima il sussulto è minimo, ma prendendo velocità, l’anomalia si rivela completamente. Allo stesso modo, il movimento interno spontaneo e autoriflesso degli autori, non è detto che sia al fuoco giusto.
Per esempio, la variazione seconda del primo quaderno delle Brahms-Paganini

può risultare se non ineseguibile perlomeno indigesta per la maggior parte dei pianisti per il semplice fatto che il suo autore – per costituzione corporea personale – aveva l’abitudine di tenere la spalla sinistra un poco più alzata!


Analizzeremo quindi in questo articolo, come il movimento vitale di ogni autore si rifletta inevitabilmente nella propria scrittura pianistica; tutto questo potrà costituire un innovativo e inedito punto di riferimento per:

  1. comprendere finalmente perché certi autori “scorrono” sotto le dita e altri invece, presentano continue e recidive difficoltà “congenite”; ergo, comprendere le scelte di repertorio vostre e dei pianisti che amate.
  2. Avviarsi sul cammino di una memorizzazione fisiologica, la cui punta massima (al modo di Glenn Gould e Carlo Vidusso) è quella di leggersi la partitura comodamente seduti in poltrona e di andare poi alla tastiera a studiare suonandola a memoria;
  3. avere l’orientamento (mappa e bussola) atto a comprendere “tecnicamente” come funziona un pezzo, di quale dito, prevalendo sugli altri, funziona da “guida” risparmiando tempo e fatica in fase di studio;
  4. poter finalmente riunificare lo spontaneo alle conoscenze indispensabili ad un pianista avanzato e professionista (conoscenza armonica, formale ecc.).
  5. comprendere – consapevolmente – come diteggiare;
  6. riuscire – finalmente – ad imparare dai propri errori.

I colori negli esempi sono gli  stessi utilizzati per indicare le 5 direzioni vitali di movimento e l’indicazione di alcuni autori è per offrire un primo orientamento:

verticale (regione f-e medulare): Bach, Rachmaninov, Czerny no gravity!);

regione f-e degli estremi (movimento verticale e frontale insieme): D. Scarlatti, Liszt, Ravel;

frontale (regione f-e periferica): Chopin, Clementi;

laterale: Schubert, Debussy, Brahms;

rotatorio: Beethoven, Alkan, Prokofiev ;

centrale (regione circolare medulare): Scriabin, Mozart, Schumann.

regione circolare (movimento centrale e rotatorio insieme): il pianismo di Musorskji;

La regione f-e è (la valida rappresentazione della verticalità nel suo essere statica e dinamica) è perfettamente visibile nella scrittura di Franz Liszt.

La prima volta che ho visto la partitura del Mephisto Valzer, non riuscivo a credere che ai pirotecnici fuochi d’artificio che avevo sempre ascoltato potessero corrispondere dei segni grafici così puliti e lineari.

Liszt o Scarlatti?

Le prime 13 misure della sonata in si minore rappresentano per il pianista “l’assestamento” della sua regione f-e; mi fanno un pò sorridere di tenerezza i pianisti (soprattutto quelli che si cimentano con la sonata per darsi lustro ai concorsi) che si dilungano in questo inizio cercando chissà che cosa…

Esattamente come per l’op. 35 di Chopin, l’inizio serve per mettere a fuoco sia pianista che movimento! Torsione verso sinistra in Chopin, piano f-e per Liszt. C’è ben poco da meditare, perché dalla tredicesima misura in poi… o si è dentro o si è fuori!

Ma ecco che arriva il piano f-e: se al vostro movimento sulla tastiera non aggiungete anche l’”alto”, se vi tirano la base delle dita e rimanete sul posto invece di schizzare avanti… grattate la retromarcia.

Inserire piano f-e o trazione integrale

Un pò come inserire la trazione integrale. La ripresa del tema sarà diversa da quella iniziale, a due ruote motrici.

Ma alla misura 8 vi viene incontro la grande generosità di Liszt… vi prende le mani e ve le mette lui dentro il piano f-e! Consideratelo come un regalo, questo “essercizio per lo piano di flessione-estensione”, da parte sua:

Esercizio per il piano f-e di Franz Liszt 1

Se le due ottave vengono poste nel piano di flessione estensione, il salto a doppia ottava verrà da solo! Non fidatevi dei pianisti che vi dicono: “immagina con le mani di essere già lì!…”, perché è un ottimo consiglio che va bene quando studiate nel soggiorno di casa vostra, ma in concerto, con quell’ingrato compito di “rompere” il silenzio – che Beethoven, furbo, sbrigava subito – o avete maturato la vostra regione f-e o siete perduti!

Impariamo a riconoscere la regione f-e nella scrittura: la diretta espressione pianistica della regione f-e sono le ottave e le note ribattute. Le ottave perché definiscono gli estremi della zona esterna di 1-5, le note ribattute, il gioco delle altre dita al suo interno.
Però abbiamo ottave che non definiscono la regione f-e: sulla carta si scrivono nello stesso modo, ma si leggono in maniera differente.

Quelle di Chopin, per esempio

ogni mio lettore sa che il 25-10 non è uno studio sulle ottave, ma per il quarto dito alla distanza di un’ottava.

La musica pianistica di Brahms evita di definire il piano f-e – perché tende alla sfasatura emozionale delle mani – per cui le ottave vanno lette con l’idea di esporre il dito 2

J.Brahms: inizio dello sviluppo del Concerto in re minore (I mov.)

e quelle di Scriabin con l’attivazione contemporanea della parte interna dei mignoli

Questo inizio di sonata – la K159 – apparentemente, non ha soluzione:

Se cerchiamo uno “staccato” Bachiano, tipo quello che serve per la Suite Inglese in sol minore di Bach, sentiamo subito che non qualcosa funziona: non “risuona”; se la affrontiamo “muscolarmente” le mani – nonostante siano quasi pari – fanno fatica a lavorare insieme, gli abbellimenti si dissociano dal fluire ritmico, si creano dei “vuoti” tecnici.

Allora provate a fare questo esperimento al contrario:

prendete il Preludio dalla Suite Inglese 5 di Bach (che conta solo il movimento verso l’alto, quello che fareste tracciando una linea retta sulla sabbia) e la Sonatina op. 36 n. 1 di Clementi (che fa affidamento solo sul movimento in “avanti”, lo stesso che fareste per tracciare una linea retta sulla sabbia più “profonda”).
Provate ora a suonare questi due “test” combinando in qualche modo i due movimenti insieme, alto e avanti: vi apparirà magicamente un suono Scarlattiano!

La soluzione quindi, per suonare Scarlatti, è quella di”definire la regione f-e”,ovvero l’equilibrio tra alto e avanti in dialogo tra loro come “regione”. Il Bach dell’esperimento che avete appena fatto rappresentava l’aspetto verticale, più “statico”, Clementi, l’aspetto più dinamico, il frontale.

Domenico Scarlatti è stato il primo a “intuirla”, nonostante uno strumento “bidimensionale”: il clavicembalo. Bisognerà arrivare a Ravel per trascendere questa scopertala trascende: con Scarbo i sofisticati meccanismi ad orologeria svizzera di Liszt vengono sostituiti da microprocessori…

Come? Scarbo ci porta inesorabilmente ad un’altra scoperta. Se per suonare i Nouvelles etudes di Chopin bisogna imparare a coinvolgere il bacino, pena l’esecuzione di tre sciocchezzuole (è per questo che non li si sente mai suonare?), in Ravel abbiamo il coinvolgimento, a livello del corpo pianistico, della testa dei femori, come avete visto nel video.

Prendo ad esempio Brahms per analizzare come si riflette e concretizza – nella scrittura – la regione bilaterale: la sua naturalezza (taiheki) laterale introversiva lo porta a coagulare le emozioni, che restano dense e persistenti; psicologicamente parlando, un uomo come lui, di fronte a tre scelte o possibilità, in realtà è una quarta che desidera, senza che nessuno se ne accorga e senza che riesca a manifestarlo o esprimerlo;

la spalla destra è spesso più alzata rispetto all’altra perché tutta la parte sinistra è più compatta (il corpo “pesa” di più da un lato) e fa da centro di gravità. Un’altra caratteristica è avere problemi con la zona degli acuti, e ascoltando Brahms, o suonandolo, si ha sempre l’impressione che manchino; anche a livello sonoro risulta tutto austero, cupo, coagulato.
Ritroverete queste condizioni in ogni partitura di Brahms (persino nelle Brahms-Paganini); se da un lato una tale lettura della partitura vi facilita la vita e vi salvaguarda da consigli sterili o visioni preconcette, dall’altro vi pone immediatamente (se ritornate alle righe precedenti) di fronte alla vostra responsabilità di interpreti.
La mano sinistra, in Brahms, è sempre più densa e fa da motore:

Il movimento laterale introvertito va a “confluire” naturalmente verso il lato del dito 3 che ne diventa la guida viva e palpitante, come possiamo vedere in quest’altro esempio Brahmsiano:

La linea magica da attivare nel proprio movimento, per eseguire Brahms è quella “introversiva” che vedete a destra. Ma attenzione, tale ricerca di movimento è anche psichica! Vi innamorerete perdutamente di Brahms, e vi sarà difficile per un pò di tempo suonare qualcos’altro.


Capisco perfettamente la perplessità del pianista – magari abituato a intendere semplicemente la sinistra come accompagnante con la destra sempre in evidenza – e quindi la difficoltà di arrendersi all’idea di cambiare le proprie coordinate per eseguire Brahms.
Del resto, guidando l’auto quando nevica – se non si vuole andare fuori strada – bisogna procedere al contrario: non frenare e sterzare in senso opposto…
Chi cambia la logica delle proprie mani, per entrare in un movimento che è quello vitale e psichico dell’autore, per intelligenza o istinto, si prepara ad interpretazioni fantastiche…
La lateralità estroversiva la troviamo invece nell’espressione più diretta delle emozioni, del timbro, senza forma… E’ il lato destro del corpo che fa da centro di gravità (si pesa di più sul piede destro), il magico e soave dito ordinatore è l’indice.

Per ottenere un suono “soave e carino”, le mani (insieme alle braccia, al corpo e alla psiche) cercano la parte mediana. Ma se devo spostare le mani lungo la tastiera, come si fa? Facendo conto sui movimenti f-e e circolare, affinché la zona del dito 2 sporga rispetto al dorso.
Un altro esempio illuminante che troviamo nella scrittura di Schubert è quello che ne determina anche la comprensione tecnica, al punto tale da far apparire le altre 4 dita come un optional…

A suonare è solo il dito 2 esposto, la diteggiatura “deve” obbedire
Questo è il motore – un dito solo – chi guida è tutta la “parte destra” del corpo, più densa.
Se non vi basta, altro esempio, stessa cosa: dito 2 come motore, attivare il “crescendo” emozionale:

Complimenti al “diteggiatore”! Su due versioni, non è ha azzeccata una…
Scrittura identica in Debussy: cambiano i tempi, l’attenzione è più sul timbro e sull’armonia, ma la lateralità – e quindi la scrittura – è la stessa:

Oggi si parla tanto di filologia musicale, che rimane però limitata a livello concettuale senza rendersi conto che si può:

approfondire, osservare, comprendere e rispettare l’autore stesso: in modo diretto magari cominciando dalla sua “scrittura”…

Abbiamo analizzato la torsione in Beethoven, vediamo di andarla a cercare anche nella sua scrittura.
Se guardiamo – per esempio – questo estratto della Waldstein, senza orientamento né approfondimento, la soluzione pianistica non è lontana da una esecuzione alla Czerny; tuttavia lo “spontaneo” del pianista (il software delle sue dita) sentono che qualcosa non funziona:

finché la sinistra non si impegna a organizzare “ritmicamente” e continuamente il fluire musicale e le due mani vengono posta in una logica “rotatoria” verso destra, con il 4 dito che guida la mano e la sinistra che guida la destra attivata da ritmo, suono forte, autoascolto. Vi apparirà il binario giusto e necessario. E scoprirete che non c’è una nota scritta da Beethoven per pianoforte che non segua questa logica. Una liberazione e una grande facilitazione.

Organizzazione ritmica a cura della mano sinistra

Anche qui abbiamo una mano sinistra che predomina, come ordinatore ritmico, esattamente come un bell’ostinato jazz:

Mai diteggiatura è stata più appropriata: un bel 4 alla sinistra

La coordinazione rotatoria è “guidata” dal dito 4 e dalla parte interna del dito 5
Nell’esempio che segue (e con le stesse coordinate motorie), se vi lasciate guidare dall’impulso ritmico, vi ritroverete a far esplodere lo sforzato senza accorgervene…

La stessa logica vale anche per i tempi lenti; poiché il movimento rotatorio è intimamente connesso all’ascolto, dito 4 e dito 5 diventano i protagonisti dell’azione diretta sul suono. Nel caso specifico di Beethoven, un uomo il cui desiderio vitale era quello di lottare, in un tempo lento la sua “lotta” è quella di anelare il silenzio…
Vedrete attivarsi (andatelo quindi a cercare) il dito quarto.

La conoscenza della logica rigorosa del movimento della vita – scopo di questo magazine e delle mie pubblicazioni –  vi permette una libertà e un ampliamento – anche ad un livello apparentemente basico come quello della lettura della partitura che neanche potete immaginare.

Nell’osservazione del movimento vitale, quando uno è canalizzato e sta funzionando da un po’ di tempo, stancandosi, intervengono gli altri con una logica che ha dell’incredibile, e spiega tutto, per chi come voi, ha la fortuna di cominciare ad impratichirsi con questo linguaggio.

Il movimento verticale per evitare di stancarsi, si fa aiutare dal laterale, e poi dal rotatorio. Esempio pratico: siete costretti a rimanere in piedi ad una manifestazione ufficiale, quando vi stancate, l’universo mondo fa la stessa cosa… sposta il peso su un piede, attivando il movimento laterale. La psiche cambia, se prima eravate presi dal senso della manifestazione, dall’autorità presente, tutta roba “verticale”, ora guardate il colore dei vestiti, vi chiedete cosa ci sarà da mangiare… Questo basta, per un po’, a ristorare la tensione e permettere al movimento verticale di lavorare a lungo. Quando non basterà più, interverrà un altro movimento, rotatorio, cominciate ad innervosirvi per la durata della manifestazione e cercate la soluzione più idonea per trarvi d’impaccio. La stessa cosa vale anche per una situazione più statica. State studiando tutta la notte (verticale impegnato), per ristorarlo mangiate qualcosa di leggero, leggete una rivista non impegnata, telefonate ad un amico (laterale), quando non basterà più interviene il rotatorio e allora la psiche conclusiva si attiva (“vada come vada!…, “se l’ha fatto mio fratello questo esame, lo farò anch’io…)

Questa logica naturale è più semplice da vedere che da spiegare. Guardate come la brava pianista Yeol Eum Son, dopo aver sostenuto con le “spalle” il difficile incipit dei Tre movimenti da Petrouska, si lascia andare al laterale, facendo crollare le spalle e inclinandosi, non solo per recuperare prontamente la tensione, ma anche per prepararsi al suono più cantabile. Tutto questo ci offre anche la misura di che strordinaria vitalità e capacità naturale abbia questa pianista.

Una lettura della partitura come mai avreste immaginato…

Chopin Studio op. 10 n. 1 qua, ad a essere impegnato è il movimento avanti

ma già dopo poche battute, si ammorbidisce e va in ricorso laterale…

Toccherà il terzo ricorso rotatorio e l’energia si ristorerà per mantenere la spinta iniziale frontale… Il movimento è sempre frontale, ma si servirà dei ricorsi per ristorarsi.

Questo capita solo con Chopin, che permette una chiarezza e una trasparenza unici e lo rende il pianista più fisiologico che si conosca, una ragione di più per considerarlo come epicentro del pianismo moderno.

Pensate a tutta la musica laterale scritta da Chopin, per i salotti per esempio – sotto mentita spoglia di Valzer – con il tempo laterale per eccellenza, il tre, ma realmente vestite della sua naturalezza frontale. I suoi valzer suonano in modo diverso, per intenderci, da quelli di Schubert, laterale per naturalezza.
Il terzo ricorso rotatorio vi dichiara lo stato dell’autore: il più famoso e sotto gli occhi (e gli orecchi) di chiunque. Un buon esercizio per rendersi conto di come una sana lettura della partitura vi metta sulla retta via.

Chi fa da ordinatore pulsionale è la mano destra, però trattenendo. In questo caso la sinistra deve scaturire inconsciamente, quasi fosse uno spettro.
Se il pianista si “orienta” cercando la regolarità della sinistra troverà però un punto senza soluzione tecnica:

spesso i pianisti sbagliano o “forzano”…

se invece decide di enfatizzare la destra – pensando alla caduta di Varsavia (da cui Chopin era ben lontano e che in realtà gli ha aperto le porte di Parigi) – si va nel bilaterale e lo studio non è più sul suo binario, si cadrà quindi più che a Varsavia, in questo punto (l’eccesso di emozionalità richiesta farà sbagliare la melodia in ottave, o la rende forzata perché non è richiesta analizzando la scrittura)


e si perderà la bellissima “doppia cadenza” delle misure 73-77.
Un altro esempio di pura coordinazione rotatoria introvertita e unica via per rendere coerentemente tutto il preludio:

Se non si segue questa logica, ci saranno molti punti che non permetteranno al pianista di rendere il preludio, per quanto lo studi e in qualunque modo lo studi. Torsione difensiva verso sinistra, mano destra ordinatrice, mano compattata tra il quarto e il quinto dito.
Ma sentiamo cosa ne dice Chopin in persona:
A.G.- “Maestro, Le vorrei chiedere come si fa a predisporre le mani in quella che Lei dice essere coordinazione rotatoria introversiva”
F.C.- “Prima di parlare di mani, predisporrei il corpo, in quella condizione”
A.G.- “Scusi, sa dirmi anche perché?”
F.C.- “Per realizzare qualcosa di nuovo, una nuova funzione della mano destra… Comunque tutto il processo lo spiego chiaramente nel primo tempo della mia seconda sonata: le prime tre ottave del Grave sono in caduta libera, oriento l’esecutore con il primo accordo; l’ho creato scomodo per orientare il corpo lievemente verso sinistra e stabilizzare la torsione con il successivo accordo arpeggiato. Lenti o veloci, dipende dalla risposta fisiologica dell’esecutore… Con il Doppio movimento, che vorrei preciso, do respiro ritmico a tutta la struttura, ma a guidare l’impulso ritmico deve essere la mano destra; le prime quattro battute sono predisposte per regolare il meccanismo…”
A.G.- “Quindi mi sta dicendo che fino a questo punto la Sonata non è ancora iniziata?”
F.C.- “A livello tecnico creo le condizioni in motu per realizzarla, o meglio, la si studia suonandola: il pianista dovrebbe usare queste battute per creare in modo preciso il meccanismo e autoregolarsi, in modo tale da arrivare al primo tema con un pò di fiato…”
A.G.- “Ma la sinistra, se uno non ha la mano grande, compreso Lei che ha inserito anche un bicordo nella figurazione, come la si può studiare?”
F.C.-“Vede che non ci siamo ancora capiti? Se una piccola idea di torsione verso sinistra è realizzata con precisione, la sinistra si muoverà in sincrono e guidata destra; inoltre il movimento è regolato dal gomito, quindi l’estensione sulla tastiera non diventa più un problema, ma queste cose dovrebbe saperle, visto che si occupa di pianoforte… deve venir fuori un’articolazione precisa… La prova di aver maturato il processo il pianista la potrà avere quando affronterà lo sviluppo. Tutta la Sonata va affrontata in questo modo; si trova pace e una coordinazione centrale ad opera di entrambe le mani solo nel finale; il finale, tecnicamente parlando, deve essererealizzato con le dita della marcia funebre.”
A.G.- “Con le dita e il suono, immagino…”
F.C.-“Vede che sta cominciando a capire qualcosa?…”
da “INTERVISTA A CHOPIN”

L’instabillità energetica Chopiniana lo porta spesso a stare nel ricorso medulare, che per quanto lo riguarda è centrale:

Sincronizzare le parti interne dei mignoli

e gli fa scoprire quella cosa importantissima, la creatività musicale che lo tiene in vita ma anche – allo stesso modo di un violoncello – che si può usare il bacino anche per suonare il pianoforte. Lo Studio op. 25 n. 1 ha lo stesso movimento e lo stesso respiro di un abbraccio:

L’intero corpo si compatta e rilascia…
altrimenti queste battute non hanno soluzione

Cominciando a leggere la paritura, farete delle scoperte interessanti. Questa per esempio.

Una scrittura è di Bach, l’altra di Rachmaninov: indovinate quale.

Entrambe le scritture hanno però in comune una digitalità esclusivamente verticale, lo si vede dal terzo dito-asse medulare che veglia come una presenza sempre esterna ma benefica, un Nume tutelare senza mai attivarsi direttamente (di Rachmaninov non me lo sarei mai aspettato, ho dovuto scoprirlo leggendone qualcosa);
Ma se in Bach è un andare verso l’alto, possibilmente una volta gotica sopra la testa, in Rachmaninov è una scarica nevrotica della tensione cerebrale (il famoso tamburellare con le dita quando si è nervosi) di un uomo alle prese con la modernità.
All’esatto opposto, la scrittura di Scriabin, orientata verso quarto e quinto dito di entrambe le mani (coordinazione centrale, mano densa e compatta, si consiglia di esercitarsi a mungere).

Ho già approfondito altrove la Osei centrale nell’esecuzione pianistica: a livello sonoro rappresenta la densità dell’onda, a livello di percezione acustica, si è attratti dagli spazi vuoti del silenzio. L’energia centrale, che è anche quella sessuale e si esprime nella continuità, attraverso il “senso” della velocità.
E’ la chiave misteriosa per capire Mozart.
A livello pianistico entrambe le mani sono guidate dalla parte interna dei mignoli (provate a sollevare qualcosa di pesante con “estrema” delicatezza).
E osservate allora che scrittura-miracolo, prima di Chopin, prima di Scriabin, quando il pianoforte era uno strumento ancora inesplorato, non ancora “toccato”…

I mignoli e la musica che “abbracciano”

Per la prima volta nella storia musicale – se non includete anche il “silenzio” – questo inciso non avrà soluzione…

Precipitate dentro il silenzio…

Glenn Gould potrà piacere o no, ma ha l’oggettività sensibile del genio e risolve questo tempo con la velocità. Fidatevi, non è nè vezzo nè estrosità…

Cercate Mozart nel silenzio, nella continuità, ma anche nell’irragionevolezza. Il bambino, quando comincia ad alzarsi in piedi, compie questo prodigio grazie al suo bacino; il bacino offre allo stesso tempo – psichicamente – anche il senso del limite. Possiamo comprendere come questo limite, in Mozart, sia “inesistente”.

Cercate Mozart facendo confluire le mani verso il vostro centro…

Cerca la continuità e la “densità” dell’onda:

Mozart non ha un senso “ragionevole” del limite:

Signori, la vita prenatale!

Densità, buco nero verso il silenzio, velocità, continuità sono le parole chiave della osei centrale insieme alla psiche affettiva e assoluta.
Il mignolo…

Il corpo denso e compatto, ma una totale mancanza di coordinazione bilaterale; in quasi tutti i suoi ritratti osserviamo Robert Schumann sempre stancamente appoggiato da un lato, per ristorare la tensione bilaterale (lato sinistro, ahi, ahi!).Anche la sua scrittura sarà quindi centrale, ma senza timbro, che è in zona buia e confusa: come in un buon esperimento di musica contemporanea, alterando il timbro il tempo interno si sfasa rispetto a quello effettivo di esecuzione.La mancanza (o la confusione se è troppo per voi) del timbro – espressione della TPE laterale – vi spiega anche la difficoltà di Schumann ad “orchestrare” le sue sinfonie e la scarsa tenuta drammatica della sua unica opera lirica.

Schumann visto dalla sua scrittura

Schumann è una bella scommessa per il pianista…
Vien voglia di “piazzare” la mano alla “Schubert” o alla “Debussy”, ovvero con la zona del secondo dito ben esposta, ma si sente subito che non funziona perché si è attratti e disturbati dall’orbita gravitazionale del mignolo (e a questo punto possiamo anche capire dal nostro stesso corpo che parte della mano si è rovinato…).
Conviene quindi “sottintendere” – garantendone però la presenza – la regione centrale della mano, ovvero la sua parte più carnosa.

Una scrittura tipica di Schumann:

Tensione centrale tra i due mignoli e in mezzo il caos

un pò come suonare mozart con un serpente nelle mutande…

Qua trova finalmente pace:

ma viene fuori il “suono centrale” – quello di Scriabin tanto per capirci – e non se ne parla per quell’epoca: il serpente nelle mutande è velenoso. Ci proverà Chopin protetto dal cattolicesimo polacco…

Chopin – nonostante le lusinghe dei suoi geniali articoli – è stato sempre diffidente verso “quel certo tedesco…” e vi offre la soluzione e le coordinate per mettere in squadra il pianismo di Schumann:

Lo Studio op. 25 n. 2-3, ha tutti gli ingredienti del pianismo di Schumann però messi al posto giusto. La velocità e il legato diventano chiarezza timbrica dentro corrette coordinate temporali.

Un buon esercizio preparatorio per prepararsi alle sue “anomalie”.

Sarà per questo che Brahms – a stretto contatto con Schumann per vari motivi – si è preparato un antidoto trascrivendo questo stesso studio in terze e seste?…

Quindi, se mantenete costantemente il tempo interno sfasato rispetto a quello esterno e il conto del timbro che manca lo pagate voi, siete dei pianisti onesti che comprendono ciò che suonano e sanno finalmente leggere una partitura…

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.