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Mi ha sempre stupito vedere come, al sopraggiungere della maturità o dopo una “crisi”, autori ed esecutori si rivolgano a J. S. Bach: Beethoven, Mozart, Brahms, Chopin con la sua fuga in la minore, Rachmaninov senza saperlo, Keith Jarrett per definire il confine con la sua attività creativa, Murray Perhaia dopo un periodo di  depressione, senza contare decine di vecchie glorie del pianoforte cimentarsi a fine carriera con “Jesus bleibet meine Freude”.

 

 

Anch’io, nel mio piccolo, quando i nervi sono tesi, mi calmo sempre, suonando qualche fuga al massimo volume.

Ho precedentemente parlato di naturalezza verticale di Bach, non tanto desumibile dai ritratti, non tutti storicamente attribuibili, ma dalla sua stessa musica: per fare un esempio di contrasto con i suoi contemporanei, Telemann era decisamente gustativo (ha scritto centinaia di concerti per accompagnare i pasti…), Haendel invece decisamente generoso a tal punto da essere raccomandabile per iniziare una persona che non abbia mai ascoltato musica classica.
 
Abbiamo già parlato di come la coordinazione verticale, il movimento alto-basso con l’alto che definisce il Nord colleghi i polsi con la punta delle dita, garantendo una chiarezza, un’articolazione uniforme di tutte le dita, e quindi un ottimo punto di partenza per affrontare la tastiera, tanto da essere universalmente riconosciuto dagli insegnanti. Ne parlo diffusamente in modo concreto nel mio primo quaderno di tecnica pianistica, quello dedicato a chi comincia.

Il movimento verso l’alto della osei verticale, con l’alto che definisce il nord, crea però un suono distaccato, paragonabile ad una vista dall’alto; il mio invito sta proprio nello scoprire ed approfondire Bach insieme alla propria naturalezza verticale.
 
Attenzione: Bach esige una coordinazione verticale e non bilaterale altrimenti accade l’inconveniente che le mani si sfasano tra di loro; 
 
La palma d’oro per un suono Bachiano lontano, rarefatto, etereo, in un sentito chiaramente verticale: potrete chiaramente apprezzare i movimenti delle sue braccia verso l’alto e le grandi inspirazioni del corpo.

 

Suonare Bach con la naturalezza che gli si addice, aiuta a creare una postura verticale (che nel caso di Angela Hewitt è già di suo).
 

Tuttavia, prima di cominciare a salire e a “trascendere”, suonare Bach cercando e mantenendo solamente la coordinazione verticale (partendo quindi dalla “materia bruta” senza cercare un suono o uno stile volontariamente), suona più o meno così:

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Sembrerebbe una contraddizione, ma è la materia iniziale, utilizzata in questo caso da Pletnev in modo stilistico, da buon pianista russo che non può rinunciare alla pienezza della potenza e pagandone il prezzo con due o tre “toppe” solitamente inesistenti nelle sue esecuzioni.
 
Se continuate a mantenere, flessibilmente insieme al respiro, una coordinazione verticale, accadrà un miracolo: le voci e le parti si evidenzieranno da sole, senza bisogno di cercarle volontariamente. Che cos’è il contrappunto se non una visuale dall’alto? In un momento particolarmente ispirato che non sono ancora riuscito a riprodurre sono sgorgati addirittura gli abbellimenti, al contrario del povero studente di ottavo anno, costretto a far sentire a tutti i costi il tema della fuga ogni volta che si ripresenta chiedendosi: “perché Glenn Gould non lo fa mai?“.

Una pianista che si provò a suonare Bach coordinandosi con il proprio movimento verticale ebbe un altro strano effetto:  il desiderio di suonare ad occhi chiusi, aspetto del pianismo che la intrigava senza esserci mai riuscita. La vista è la parte esposta della osei verticale: riorganizzandola anche con l’esecuzione di Bach può certamente capitare di aver bisogno di chiudere gli occhi, spesso abusati dal pianista soprattutto in fase di studio e lettura. E senza dimenticare una legge della naturalezza umana: il contatto delle dita sulla tastiera inibisce la vista. Bravo Liszt che ci hai fatto suonare a memoria!

Prima di essere santificati dalla sala da concerto e d’incisione, Invenzioni e WTC erano per Bach semplicemente esercitazioni, ma non abbiamo ancora idea di quando raffinati: il preludio in Do dal primo libro, solo per fare un esempio, è strumento di natura extraterrestre creato per portare la mano in coordinazione verticale: obbliga i polpastrelli a sensibilizzarsi in modo uniforme e risveglia la linea mediana più o meno corrispondente al dito medio affinché sia sempre armoniosamente e flessibilmente in equilibrio: un concentrato portentoso di lezioni pianistiche; probabilmente Chopin lo ha capito in profondità se l’ha considerato come punto di partenza per nuove esplorazioni. 
 
Bach è l’autore più amato dai jazzisti,
utile in musicoterapia psichiatrica,
rassicurante a livello religioso.
 

Non è finita, perché scrissi questo articolo nel 2012 e la mia riflessione si è approfondita. Bach è una mescola di sfumature tra verticale e centrale, che legittima – per esempio – la ricerca di David Fray (più vicina al movimento centrale) senza contrasto con quella di Glenn Gould, più vicina al mondo verticale esposto in questo artico di ormai un secolo fa, ma che contiene il seme vivo di intuizioni che possono solo evolversi.

Vi spiega perché Murray Perhaia desideri incidere Bach dopo il suo periodo di “fermo”. Seguite il magazine per rimanere sempre aggiornati!

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.