Osservando la scrittura delle magnifiche figurazioni di Chopin
ho notato che ci sono dei punti che, se affrontati per primi, o utilizzati come pattern (modello da ricalcare e utilizzare per tutto il brano) generano la più totale auto-organizzazione del movimento e ne chiariscono lo studio, come fossero il filo di Arianna o i sassolini di Pollicino.
Mi spiego meglio:
dopo molteplici e vani tentativi di suonare il preludio n° 8 di Chopin in modo fluido e soddisfacente – vi confesso che prima di trovare questa soluzione, ero incappato anche io in uno studio tradizionale, suonandolo per accordi, per strati come una cipolla ecc. – mi sono reso conto che, se suonavo la parte finale cercandone il giusto impulso e cavando fuori la bellissima cadenza al tenore, avevo improvvisamente e finalmente la corretta visione di come suonare tutto il preludio.
Avevo trovato il pattern,
ovvero la cellula principale auto-organizzante di tutto il movimento, che nel mio caso era proprio alla fine del pezzo.
Un altro esempio illuminante di utilizzo del pattern è il magnifico e luminoso Studio 10 – 1: se utilizzate il primo arpeggio come pattern sarà fatale,
lo renderà uno studio del Gradus ad Parnassum e offrirà una visuale distorta che lo farà sembrare tutto più difficile, soprattutto non permettendo di applicare il bordo esterno del dito 2 (vedi qua per saperne di più).
Io utilizzo il seguente come pattern, e quando lo sento ben sgranare sotto le dita, lo applico così com’è a tutto lo studio.
Vi lascio andare a caccia dei pattern e fatemeli conoscere, così potremo creare una magnifica biblioteca di punti di accesso nel portale per facilitare tutti gli studenti.
Alla prossima o a lezione di piano, online o nel mio studio a Jesi.
Alberto