L’altra anomalia Bachiana, senza che egli lo abbia mai saputo, è Johann Sergej Bachmaninov; condivide con il suo predecessore un essere fuori dai tempi che non ha precedenti.
Quando ascolto eseguire Rachmaninov, l’effetto è molto intrigante, sembra quasi di sentire una fusione illuminata tra la tecnica di Chopin e quella di Liszt; ma non appena ho provato a leggere qualcosa io stesso ho trovato tutto un altro mondo. Per cominciare una scomodità di lettura sconfortante (e la mia lettura a prima vista non è per niente male…): finché le note non sono a posto non c’è santo che faccia apparire la musica; una tensione anomala verso la parte acuta della tastiera, una totale assenza di organizzazione bilaterale che quindi ha bisogno di esplodere periodicamente e nevroticamente in passi di accordi dove chiaramente dimentica che non tutti hanno le mani grandi come le sue; e una volta raggiunto il risultato, nessuna soddisfazione nel risuonarlo.
Tanto di cappello ai pianisti che, per pura sopravvivenza ai concorsi e al mercato, hanno capito che possono sfruttarlo per raggiungere il grosso pubblico e la notorietà , colmando loro stessi le lacune (sono troppi i pianisti a cui Rachmaninov ha detto di suonare il terzo concerto meglio di lui) e quelle del pubblico stesso, che ignora che il Brahms2 sia decisamente più impegnativo del Rach3. Personalmente vedo nella sua scrittura una dolorosa nostalgia bachiana che lo aiuti a fuggire il tempo. Peccato, perché avrebbe potuto diventare il primo musicista “ufficiale” per il cinema (sempre di terreno visuale si tratta), padrino di Williams e Morricone, piuttosto che tenere per mano, nel girotondo di una vita senza il tempo, Ciaikovskji da una parte e Stravinskji dall’altra.
Per dimostrarlo fate questo esperimento
Qua potete sentire quanto potentemente anche Bach è visuale…
Vi propongo di restituire una dimensione bachiana alla sua musica per pianoforte: chissà cosa mai non potreste scoprire…