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I problemi posturali al pianoforte sono un problema molto sentito dai pianisti,

soprattutto quelli avanti con gli studi o che si affacciano ad una carriera, a un punto tale che affermati metodi come Feldenkrais, Alexander, Mezieres con le loro schiere di professionisti, fanno incursione nel mondo pianistico, alcuni pretendendo che sia il metodo stesso, o la postura finalmente rettificata o che altro a far suonare il pianista.

Il rischio di fondo di queste incursioni in terra straniera è l’autocompiacimento, ovvero dirsi interiormente: “è grazie al metodo X che suoni bene”, quando nella realtà se funziona è semplicemente perché il pianista ha spostato la sua attenzione da un’altra parte. Spesso il prezzo da pagare è molto alto: la dipendenza da un metodo e la mancanza cronica di una stabilizzazione dei risultati.

Sia ben chiaro: questo articolo non è in alcun modo una critica a qualsivoglia metodo, ma al modo di vedere il problema che è rimasto quello obsoleto di sempre e in più ho incontrato spesso pianisti che si lamentano di problemi posturali che ovviamente si riflettono sulle loro mani per cui l’argomento mi ha sempre interessato.

Il primo preconcetto da sfatare è l’idea di rilassamento

da rilassati penso proprio che nessuno possa suonare o creare… del resto la cordiera del nostro pianoforte posta lì davanti a noi, ci parla e ci insegna che è la giusta tensione a produrre un suono interessante: troppo si spezza, troppo poco non riesce a vibrare. Tutto questo perché – a livello culturale – manca una parola, quella di tensione vitale. Se sostituite il concetto di rilassamento con quello di ciclo di tensione e distensione, comincerete a comprendere molte cose.

Il mito della corretta postura è sopravvalutato

Non sono più un fan (lo sono stato, e pure militante) della corretta postura, ma la postura non conta nulla in confronto alla respirazione e come il lettore abituale del mio magazine ben sa, il pianista è lo strumentista che peggio respira, se non addirittura suona in apnea e al suo opposto il cantante bravo, è quello in grado di cantare in qualsiasi posizione egli si metta. Per approfondire l’argomento, ho  creato una categoria apposta.

Bisogna cercare la causa

La prima e più semplice da localizzare è quella alimentare, che però non impedisce a una bella schiena bombata da gran estimatore dei formaggi, come quella di Vincenzo Balzani, di suonare il pianoforte bene. Oggigiorno il tema di intolleranza a glutine, lattosio è ormai all’ordine del giorno. Ma la causa più profonda, anima di queste mie pagine, è rappresentata dal fatto che il pianista non sa più agganciare nella propria tecnica la propria vita emozionale, con i suoi bisogni inespressi che guidano il comportantamento e… creano  tutti quei disturbi che, considerati altro da sé, vengono affidati alle mani di valenti professionisti.

Anche per questo ho creato una categoria del magazine: l’altro volto della tecnica.

Ribaltiamo una volta per tutte la visuale

Un problema posturale (ma anche dolori, tendiniti frequenti) semplicemente è semplicemente una sovreccitazione permanente di zone, vertebre, tessuti con la loro controparte psichica e psichico-mentale di cui non siamo consapevoli, o meglio di cui la nostra mente non lo è più. Il primo passo verso la risoluzione di tale tensione parzializzata eccessiva quindi, è quello di accorgersene e rendersi conto che non è un problema, ma un segnale diretto dello stato reale del nostro organismo, che un buon inspiro aggancia immediatamente. Mi spiego meglio, l’ansia non è un problema, ansiosi lo sono i bambini la notte prima di Natale in attesa dei doni, ansioso è il motociclista consapevole che sta correndo forte in autostrada, diventa un problema quando non ha più motivazioni dirette, e rimane il solo stato ansioso che non riesce più e detendersi e senza più esserne consapevoli. La lampadina rimane accesa e non ricordiamo più che c’è un interruttore che l’ha accesa.

Che fare? Primo osservare

La conoscenza dei 5 movimenti ci viene in aiuto perché ci permette di localizzare immediatamente la zona che è sovreccitata, non bloccata! Ed è osservabile direttamente osservando le vostre mani, una pratica semplice ma che richiede un po’ di esperienza e soprattutto non considerare più la tensione un problema da affrontare separatamente da voi stessi (e se hanno la stessa visuale allora i metodi prima menzionati sprigioneranno tutta la loro validità).

Nessun pianista è esente da tensioni

Un altro pregiudizio da sfatare è che a soffrire di problemi o tensioni da pianoforte sia il principiante o l’allievo avanzato che si affaccia alle tensioni di una carriera, in realtà ogni pianista manifesta le sue tensioni che potrebbero in qualsiasi momento attivarsi se non diamo loro attenzione e accoglienza. Un pianista che mi ha sempre colpito, nonostante la vittoria di un concorso prestigioso e la carriera fulminante è Rafal Blechaz.

Nel suo caso potete subito osservare come siano eccessivamente tese le linee dei bordi esterni delle mani, che testimoniano una tensione frontale notevole. La cosa interessante è che, se individuate una tensione eccessiva parzializzata, la potete osservare poi in qualsiasi altra immagine o filmato.

Volete saperne di più? Volete osservare con me le tensioni delle vostre mani alla tastiera? Continuate a leggere le pagine di questo magazine o contattatemi.

Alla prossima

Alberto

 

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.