Stesse note, stessa tonalità, stesso tempo, due mondi differenti:
Camille Saint-Saens, studio op. 111 n. 1
Chopin, studio op. 25 n. 6
Per eseguire il primo, il pollice deve essere libero: vediamo velocemente come.
Il movimento avanti +, si attiva dalla parte dorsale, quello passivo, dalla parte ventrale (pettorale maggiore e minore). Se lo provate, guidando questa seconda parte muscolare un pò indietro, sentirete che il pollice si libera. Si svela il trucco del gioco di prestigio e le terze dalla diteggiatura apparentemente impossibile diventano un gioco da ragazzi!
Per eseguire il secondo,
il pianista deve essere contento che le proprie braccia abbiano una struttura duplice. Longitudinale: la direttrice del braccio e della mano che va al secondo dito si incurva per attivare la zona media (punto focale, la zona di mezzo dell’avambraccio); trasversale: la zona dell’indice sporge più in alto (è più facile da fare che da spiegare: osservate Trifonov nel video seguente…).
Uno francese, l’altro ormai francesizzato, prediligono entrambi i tempi in quattro. Ma Chopin – fondamentalmente onesto – sta dentro la pulsazione binaria, l’altro – più furbo – si fa aiutare da un’ondulazione di terzine…
Saint-Saens era un grande pianista, ma calcolatore, ogni effetto è concepito come i pezzi di un puzzle, questo studio – nonostante le scale in terze – non potrà mai avere una dimensione timbrica.
Chopin è un grande pianista, ma innovatore, lo studio che non esce dal binario della zona mediana permette la più totale libertà timbrica, liquida e… digestiva.
Lo studio di Chopin, più “antico” (1832 circa), è però destinato all’immortalità: infatti non si finirà mai di scoprire nuovi modi per suonarlo.
Lo studio op. 111 n. 1, più “moderno” (1899) è oggi uno stupendo pezzo d’antiquariato: ascoltiamolo come va fatto – vado a colpo sicuro – da un pianista francese: François-René Duchâble.