Skip to main content

Mi capitò, di fronte ad uno dei pianini pubblici

messi a disposizione dei passanti alla stazione Tiburtina, di ascoltare un ragazzo che aveva fatto una ragione vitale quella di riuscire a suonare l’esposizione del RACH3, a partire dal Più mosso.

Avrei voluto aiutarlo, e dargli qualche dritta (Rachmaninov è solo difficile da leggere) e metterlo sulla buona strada per velocizzare i tempi, importante quando non si è pianisti professionisti, soprattutto dirgli che il pianismo di Rachmaninov è tutto organizzato a partire dal dito 3 medio in funzione di asse e quindi… se sa suonare l’Allemande della Suite Francese n° 1, sa suonare anche l’esposizione del RACH3, ma il mio treno stava per partire e la cosa finì lì.

Ebbi occasione di rifarmi qualche tempo dopo, quando un allievo alla scuola di Teatro dove insegnavo come docente di voce – geniale attore, ma selvaggio autodidatta al pianoforte – mi disse che voleva a tutti i costi suonare l’ultimo preludio di Chopin, quello in re minore con la sinistra dai sinuosi movimenti che coprono un terzo della tastiera, e la famosa scala di terze che mette i brividi anche ad un pianista concertista…

Come dargli torto: aveva colto perfettamente il senso drammatico e teatrale del pezzo come questo shakespeariano finale.

Non potevo di certo dirgli che Pollini lo aveva portato al concerto finale quando vinse lo Chopin ed è un cavallo di battaglia di Pogorelich che ha mani enormi, ma potevo contare solo sul suo entusiasmo e sul desiderio di apprendere proprio quel pezzo e non altri perché non era interessato a fare il pianista ma essere il personaggio di un pianista che suona in scena.

Voi non ci crederete, ma lo ha imparato in un’ora.

Come spesso faccio, soprattuto con Chopin, sono partito cercando il pattern, in questo caso le battute finali che avete appena visto:

  1. gli ho fatto suonare l’accordo, a lungo, finché non lo ha sentito drammatico e ha soddisfatto il suo senso teatrale. Solo in quel momento, passando immediatamente all’arpeggio, questi viene in modo automatico*, preciso e potente. Diamine! Alla fine sono solo quattro note che si ripetono!…
  2. Poi gli ho fatto vedere come gestire le estensioni che sono solo psicologiche e alla tastiera non esistono se trovate e attivate le zone che garantiscono il movimento trasversale,
  3. Gli ho fatto portare la sua totale attenzione alla melodia (cosa facilissima per un attore, perché quella del preludio in re minore è proprio un monologo sul proscenio), solo in questo modo la mano sinistra si auto organizza senza dovergli prestare eccessiva attenzione.
  4. Le scale brucianti e velocissime? Individuare con precisione chirurgica l’inizio e la fine.
  5. I trilli? Solo maggior enfasi della melodia: portare attenzione.
  6. Unica cosa che richiedeva l’esperienza di un pianista era la scala di terze, ma la rese comunque in modo interessante perché ormai sapeva concentrare e intensificare l’energia e spostare l’attenzione verso il contenuto emozionale e narrativo.

In fondo neanche i pianisti professionisti se la cavano meglio, perché se non la sbavano si nota che sono troppo preoccupati di far vedere che la fanno bene 🙂 …

Come per i trucchi dei giochi di prestigio, una volta svelati tutto diventa più semplice.

Ultimo racconto

mi capitò di far suonare il primo preludio di Bach del WTK I ad una ragazzina alla sua prima lezione senza che avesse mai toccato un pianoforte, solamente dopo avergli detto:

– ‘Quando appoggi la mano sulla tastiera, quali sono le dita che la toccano veramente? Provalo e poi dimmi.’ –

Mi rispose

-‘E’ facile: sono medio, pollice e mignolo.’ –

-‘Bene, sappi che c’è un pezzo fatto apposta per farti provare sulla tastiera la stessa sensazione che hai avuto’.

E partimmo con il primo preludio, era talmente dentro il fatto di sentire dentro di sé la sensazione di appoggio reale e il funzionamento sereno del dito 3 che non badava a note, tasti neri, sequenze o posizioni. Era dentro l’esperienza.

E’ proprio l’essere confortato da questi episodi  – che accompagnano l’applicazione pratica e diretta di quanto leggete in questo magazine – che mi ha dato la spinta e la motivazione per creare e proporre il servizio Il Trovapezzo, pensato proprio per quelle persone che non hanno tempo o interesse ad iniziare un percorso di studi pianistici, ma hanno un pezzo del cuore che per qualche ragione vorrebbero suonare e amano, anche se questo pezzo si chiama RACH3.

E’ un servizio nuovo

perché non c’entra con corsi o metodi per imparare il pianoforte, ma con il fuoco imperituro di un grande amore per un pezzo che colpisce molte più persone di quanto possiate immaginare. Me compreso, che iniziai a studiare pianoforte a 9 anni, ma un’estate al mare mi innamorai di Honky Tonky Train Blues, come suonata da Keith Emerson – riuscii anche, non ricordo come, a trovare la partitura – ma il pezzo era veramente troppo difficile per me: non riuscivo a sincronizzare la mano sinistra,

e sarebbe stato bello avere a disposizione un servizio come Il TrovaPezzo. Hamelin a 13 anni passò l’estate a sognare e a provare la Concorde Sonate di Ives, in attesa di poter avere la partitura che gli arrivò a settembre.

Non è una lezione, non è una consulenza, non è una masterclass: la mia missione è quella di poter accontentare tutte questi innamorati nel miglior modo possibile, offrendo loro la verità del pezzo e non una sua riduzione o semplificazione, o comunque gli strumenti idonei e le giuste coordinate – se sento che il compimento del loro sogno è legato ad un processo di maturazione – per indagare e scoprire il giusto percorso in autonomia, il tutto a partire da un solo incontro.

Se fa per te qua puoi prenotare il tuo Trovapezzo.

Ti aspetto

Alberto


* Potete provarlo anche voi: nel momento stesso in cui trovate la giusta densità drammatica dell’accordo, sentite che l’energia della mano (soprattutto quando la sollevate) si trasferisce nel lato interno del mignolo: mantenendo l’attenzione in questa zona l’arpeggio verrà senza problemi, senza doverci pensare o – peggio ancora – dovendolo studiare separatamente, perché non è separato, ma la diretta conseguenza di uno stato emozionale che sfocia nei magnifici tre RE.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.