Nel caso abbiate dei dubbi, sto parlando di Ludwig van Beethoven. Per lui l’improvvisazione e l’opera scritta sulla carta coincidevano (grazie al suo taiheki rotatorio e conclusivo).
Non dovete arrivare a tanto, ma potete procedere al contrario: suonare una sua sonata concedendovi ampi spazi di libertà, soprattutto del quarto parametro (ritmo e controllo auditivo). Non passerete “all’ottavo”, nè ad una prova di concorso, ma chiuderete un cerchio e godrete di grande soddisfazione personale.
Osservate Kristian Bezuidenhout: rimarrete sorpresi perché suona un concerto di Mozart come Mozart stesso l’avrebbe suonato. Il pianista non sta ad aspettare la sua entrata, ma accompagna e improvvisa continuamente! Il “brogliaccio” della partitura che ha sul leggio non è tanto lontano dal foglietto dove i Jazzisti scrivono i pochi accordi degli standard.
Il vostro modo di suonare cambierà radicalmente, potrete “accedere” a una nuova dimensione pianistica: quella dove non sembra che state “interpretando”, ma che state improvvisando.
O quest’altra: sembra che i brani li abbia scritti Keith Jarrett. Una libertà invidiabile…
Ve ne rendete conto ascoltando lo stesso brano con la sola dimensione dell’interpretazione (a 4:40).