La tecnica pianistica è solo la metà
del lavoro che dovrebbe fare un pianista-musicista. L’altra metà la fa la capacità di agganciarsi al proprio mondo emozionale senza fidarsi troppo (come fa Ulisse) dell’orecchio.
Non trovo miglior pezzo per provarlo (per me che amo le e per voi come sfida) che la variazione prima del secondo volume delle Brahms-Paganini.
La difficoltà tecnica deve poter essere supportata dall’agganciare un episodio in cui avete vissuto la rabbia, per un’ingiustizia, un sopruso, un non essere visti; proiettatelo sulla vostra quarta parete con il desiderio e il bisogno di trovare pace. Non filtrate, non giustificatevi, la rabbia deve mescolarsi con le dita e con il pezzo che magicamente vi apparirà sotto le dita.
Tutto quanto sto esponendo è perfettamente in linea con ciò che ho sempre detto del pianismo di Brahms e che adesso riassumo per i nuovi lettori:
- lato di gravità a destra (è il fegato a suonare…),
- il lato del dito medio che dà sull’indice il pivot del movimento di tutta la mano (ossorvane il percorso, tratteggiato a sinistra nel disegno e continuo nel destro)
Potete vedere ben sintetizzata la postura vitale di Brahms in questo disegno che, se date uno sguardo alla sua biografia di certo non è stato esente da rabbia, soprattutto a livello sentimentale.
L’unica differenza è che, agganciando la vostra vita emozionale e facendola passare senza filtri, agite in modo diretto e immediato tutto quanto abbiamo visto in modo più analitico per comprendere i passaggi profondi che stanno dietro la coordinazione pianistica.
Per farvi un esempio vado a colpo sicuro: volete ascoltare il più …ncazzato? Andate a 9:28.