Chopin, dovuto al suo genio, offre sempre
l’impressione di essere un creatore a se stante. In realtà possiede una tale capacità di assimilazione da trasformare – in una sorta di fotosintesi musicale – elementi complessi, come la polifonia bachiana, accompagnandolo da un rigoroso senso dell’architettura e da visioni futuristiche: personalmente trovo più ardite le armonie sue che quelle di Wagner…
tutto questo, per il lettore che già conosce questo magazine è dovuto ai tre movimenti vitali che spiccano nella sua naturalezza e mescolandosi, lo rendono unico e irripetibile: centrale, frontale e laterale.
Questo di assimilare radici è sicuramente centrale, sono le cellule del sistema connettivo e rigeneratore cellulare che sanno assumere… le sembianze di qualsiasi altra cellula, quello di andare oltre, verso nuovi obiettivi, da A a B, non importa se B è la luna, quello frontale. E di farlo sempre in modo gradevole e leggero, laterale.
Vediamo questo processo, in modo divertente a sbalorditivo nell’accostamento tra alcuni studi di Chopin dell’op. 10 con quelli dell’op. 70 di Moscheles.
Le radici dell’op. 10 n° 2 (l’op. 70 n° 3 di Moscheles):
quelle dell’op. 10 n° 11 (l’op. 70 n° 2 di Moscheles):
L’accostamento sulla carta è sbalorditivo, a livello pianistico tutto un’altro mondo. Si comprende subito che non stiamo facendo una sterile autopsia musicologica, ma testimoniando un processo creativo, perché Chopin parte da queste radici, assimilandole e andando oltre.
Vi lascio ad ascoltare i rispettivi studi, godendovi il processo di trasformazione…
Alberto