Ho già avuto modo di parlare
ampiamente di quanto sia difficile suonare Mozart (qua se vuoi saperne di più), vedremo insieme in questo articolo perché. Quando si pensa a Mozart si pensa sempre al rapporto conflittuale e dongiovannesco con il padre, facendo passare in secondo piano quello a mio giudizio più reale e profondo: quello con la madre che, come tutte le verità, sempre davanti ai nostri occhi possiamo trovare ne:
- la sua precocità (come non avesse mai perso l’esperienza dell’ascolto prenatale),
- il tanto declamato Effetto Mozart (altro non è che un ben nascosto Effetto Mamma…),
- il precipitare improvviso nel dramma.
Questi aspetti procedono più di pari passo con la visione del maggiormente intimo della madre che non la dimensione del maggiormente assoluto del padre, come possiamo vivere e sentire, per fare un esempio, in Beethoven. Questo conferma una volta ancora di più – anzi ne spiega il perché – quanto sia difficile e impegnativo suonare e interpretare la musica di Mozart al pianoforte, perché bisogna saper “agganciare” contenuti personali e intimi che la tecnica pianistica non potrà mai svelare.
Da questa nuova prospettiva potete apprezzare subito quanto sia intensa e vera questa interpretazione di Gulda della sonata in la minore:
Per questo, visto che stiamo imparando che la tecnica pianistica è solo la metà del lavoro del pianista e interprete l’altra metà è imparare ad agganciare il nostro mondo emozionale;
Non vi resta che provare, qualsiasi pezzo di Mozart abbiate sotto le dita con il consiglio di utilizzare – come abbiamo già visto – una immaginaria quarta parete, che vi tutela e protegge e vi permette di incanalare direttamente nelle vostre dita la vostra interpretazione, facendo scorrere le emozioni conflittuali senza ostacolarle.
E sempre da questo nuovo punto di vista, l’interpretazione più triste e lontana da un’integrazione emozionale, quella di Glenn Gould
Sarò ben lieto di ascoltare le vostre interpretazioni, alla prossima o a lezione.
Alberto