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Ho sempre avuto una grande passione

per i concerti per pianoforte di Brahms, al punto da non riuscire mai a scoprire quale dei due mi piaccia di più. Il secondo tuttavia, Il concerto Op. 83 presenta delle particolarità pianistiche e definisce nuovi parametri tecnici tali da meritare un’analisi approfondita.

Per sfatare la nomea degli altri concerti “difficili”, chiamati con sigle al pari di prototipi militari, ovvero il RACH3 e il T1, utilizzeremo anche per il secondo concerto di Brahms un trattamento simile.

Vediamo dunque i motivi che rendono il BRAHMS2, il concerto più difficile mai scritto

  1. Perchè non è convenzionale (anche per la fisiologia dell’autore)
  2. Per la struttura sinfonica
  3. Per l’alto contenuto emozionale

Non è convenzionale

Lo vedete subito dall’inizio, ovvero da come si assetta la mano (a tremare intanto è il cornista, perché è forse il passo orchestrale più difficile…).

Il dorso della mano si curva

…e si apre

E’ questa particolare condizione della mano che non troveremo mai nel dattiloscritto RACH3, questa cellula tecnica unica e peculiare del pianismo di Brahms, a rendere la vita difficile al pianista.

Vediamolo subito nei salti, con un celebre paragone, quelli de La campanella di Liszt

che sono sempre f-e, realizzati con il bordo esterno di pollice e mignolo e per di più con una linea-guida della melodia.

Quelli di Brahms no, sono anticonvenzionali. La line-guida non esiste, la parte acuta esposta

Questo è davvero un problema più fisiologico che tecnico. Chi ha una naturalezza laterale – come Brahms per ragioni troppo complesse da spiegare in questa sede, ha un’udito meno selettivo nella zona acuta. Lo vedete fare concretamente dal pianista Boris Berezovski che ha la stessa naturalezza e quindi quasi continuamente ruota la testa per cercare il suono.

Quindi Brahms butta lì questi salti nella zona acuta a partire da una condizione auditiva un po’ desensibilizzata, cosa che il pianista concertista non ha e deve fare i conti quindi con un baratro di difficoltà quasi sovrumana.

I salti di questo esempio (così comprendete la difficoltà ancora meglio) devono mantenere la stessa intensità espressiva e sono identici di questi

estratti però dal tempo lento.

Le ottave, seconde solo a quelle spregiudicate di Musorski per difficoltà

sono problematiche per la ricchezza di sonorità orchestrale

per la difficoltà tecnica

per la sfacciata e apparente levità…

Per la struttura sinfonica

Il celebre passo di ottave del T1 è famoso per il pubblico per la sua difficoltà, tra i pianisti professionisti perché deve avere lo stesso suono e accogliere l’immenso crescendo orchestrale che lo precede…

Bene, il BRAHMS2 è tutto così, con dei punti di una difficoltà inumana da rendere dal punto di vista del suono. Il concerto è difficile perché è continuamente così.

Osservate con che povertà di mezzi il pianoforte riesce a far fronte con efficacia il fortissimo orchestrale

Povertà di mezzi apparente perché chi ha cominciato a leggere la partitura capisce subito che è trasferita l’energia alla parte più carnosa della mano, dove il profano continua a credere che per far baccano ci vogliano doppie ottave martellate.

Lo stesso Brahms nei suoi 51 esercizi ha messo a punto la tecnica adeguata per eseguire quest’opera. Molt sono gli esercizi dedicati alle sovrapposizioni ritmiche (2 con 3, 3 con 4 ecc.) che hanno lo stesso scopo di intensificare l’energia e trasferirla verso la zona dell’anulare.

Alto contenuto emozionale

ed espressivo aggiungerei. Il pianista lo fa concretamente (chi è in grado di farlo) rimanendo in una continua tensione ad aprire.

Potete vedere il movimento di apertura in questo video

A livello di lettura della partitura avete un’idea del grande lavoro che devono fare la parte interna dei mignoli in questa cellula del tempo lento

I pianisti che possono permettersi il BRAHMS2 non sono poi così tanti… Primo fra tutti, per la sua straordinaria capacità di aprire, Vladimir Horowitz, ma da giovane, con il suocero al podio che stacca dei tempi da folle seguito Katia Buniatishvili che grazie al BRAHMS2 ci ha fatto bella figura ai concorsi, e va quindi premiato il suo coraggio, anche se tanti ancora sono gli errori “strutturali” e lungo il percorso per padroneggiarlo, come fa per esempio, Marc Andrè Hamelin. L’interpretazione di Louis Lortie è una delle più equilibrate grazie invece, alla sua grande capacità di chiudere. Prussiana come sempre l’interpretazione di Daniel Baremboim che da buon giocatore di poker bluffa facendo conto più sulla sua esperienza di direttore d’orchestra che di pianista. Alfred Brendel e Rudolf Serkin scelgono di farsi soverchiare dalle stesse difficoltà, per poter vivere un’esperienza intensa, come con l’incontro di una femme fatale. E’ infatti proprio Brendel che parla delle perversità del concerto di Brahms Andate ad esplorarle, è molto istruttivo e per avere la conferma che il RACH3 è niente in confronto al BRAHMS2 andate a cercare quanti pianisti che padroneggiano il celebre concerto di Rachmaninov, col secondo di Brahms ancora non ci hanno neanche provato.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.