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Perchè non hanno arti, ovviamente

ma soprattutto perché non definiscono il piano f-e, ma quello bilaterale.

Il piano posturale dell’essere umano invece, è quello della verticalità e tutti e 5 i movimenti non possono prescindere da questo aspetto, così come il serpente, che definisce un altro piano, deve fermarsi se vuole “alzare la testa” per attivare quello verticale o non farsi calpestare dal biblico calcagno.

Verticale e frontale definiscono la verticalità in modo diretto, quella classica che conosciamo bene per essere il terreno dei vari metodi Alexander, Feldenkreis, Hata Yoga e similari. A livello pianistico riguarda direttamente le dita 1 e 5, punta delle dita in sentito statico, bordi esterni in sentito dinamico con la incredibile guest star della linea che arriva al dito 3, che fa le veci della colonna vertebrale.

Quando attiva un’emozione o vuole fraseggiare soavemente, il pianista si inclina lateralmente. Lo fa però nel piano esattamente perpendicolare al precedente e  imprescindibile f-e, così come il dito 2 indice, utilizza la verticalità per alzarsi di un poco.

Forza, intensità, intimità, la tecnica difficile è legata alle zone intermedie, la mano pianistica ovvero la zona anulare e parte interna del mignolo. La rotazione, che si utilizza per suonare Beethoven, ma anche Bartok, Alkan, Prokofiev, tutta roba difficile che fa sudare, è sempre sottomessa al piano f-e. Infatti noi ruotiamo il corpo combinando f-e con movimento laterale. Così come quando andiamo verso il basso e verso il dentro con il movimento centrale. Condivide lo stesso asse verticale statico di quello verticale.

Il pianista utilizza quindi la verticalità per trasferire energia e forza verso la zona dell’anulare, (come fa, in modo vigoroso e inconfutabile Marc Andrè Hamelin qui) la zona più carnosa della mano, la vera mano del pianista.

Più un pianista è grande e meno si muove, la palma d’oro a mio giudizio va ad Andras Schiff

seguito da Murray Perhaia e Arturo Benedetti Michelangeli.

Il pianista dalla migliore postura, Andrè Watts.

Se state definendo bene il piano f-e, non ha senso parlare di tecnica pianstica, perché tutto vi verrà bene e la tecnica delle ottave ne sarà la glorificazione pianistica. Se qualche movimento va “fuori asse”,  tutto comincia a diventare difficile e… cominciano i guai.

Comunque vi ho mentito…

I serpenti non possono suonare il pianoforte, ma si può suonare il pianoforte come un serpente.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.