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tutto è nell’inizio

Questo studio, insieme ai tre successivi, rappresentano il periodo Biedermeier di Chopin, ovvero la corrente di gusto del suo tempo, prima che si differenziasse e trovasse la propria individualità creativa. Quindi questi quattro studi non sono tanto lontani da quelli dei suoi colleghi (tipo quelli di Moscheles), tuttavia è divertente vedere come il seme del genio chopiniano e il suo istinto didattico siano comunque presenti, anche con una scrittura à la page.

Abbiamo nell’orecchio un suono grazioso per questo 10-8, quindi la mano si arcua e il piano f-e fa sì che la zona del secondo dito rimanga esposta. Ce lo dice chiaramente anche Chopin, con quel trillo di 2-3 iniziale

e l’aggiustamento della zona del secondo dito subito dopo alla sinistra.

Solitamente,
l’attività emozionale – che è bilaterale – presenta una divisione del corpo in due metà, il lato destro per un’emozione estroversiva, sinistro per una passiva e introvertita. Lo vediamo chiaramente in Schubert e Debussy nel primo caso e Brahms nel secondo. A livello pianistico c’è una chiara differenziazione tra le due mani. Nel caso di Chopin, che è frontale per naturalezza, tale divisione non accade e l’emozionalità è espressa contemporaneamente dalle due mani, in modo indipendente.

In Chopin, persino nei notturni, non c’è mai una effettiva sinistra accompagnante. Quindi il pianista deve cercare da subito quest’ indipendenza, perché verrà portata a compimento tecnicamente nel 25-11 ed espressivamente nel magnifico 25-7 che presenterà due melodie in contemporanea. Al pianista conviene cominciare da questo…

cosa fa la mano nel 10-8: si arcua ed espone la zona del dito 2;
la reale difficoltà: rendere indipendenti le due mani.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.