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Mi ha sempre incuriosito osservare

come chi abbia un Taiheki rotatorio (qua una breve descrizione), abbia un rapporto intimo ma difficile e controverso con la musica. Primo, la quasi impossibilità di uscire da una sorta di geniale dilettantismo, la difficoltà di messa a fuoco di mezzi per esprimere esternamente cosa si percepisce e prova interiormente. Una che è vissuta da chi vi scrive che ha voljuto disertare la militanza concertitica per restare saldamente ancorato all’insegnamento e alla divulgazione di nuove prospettive.

Un altro esempio è quello di Charlie Chaplin che, pur non avendo i mezzi tecnici e dovendo avvalersi di professionisti compositori e arrangiatori, non ha rinunciato  a creare egli stesso le trame sonore per i suoi film.

 

Chi ha il taiheki rotatorio sa vedere dove gli altri non vedono, ma senza poterlo esprimere se il contesto non si concretizza. Deve poter attraversare zone sconosciute, come un autentico esploratore e in questo la musica – arte dell’immediato, poetica del nota dopo nota – è la più fedele alleata, anche se mai potrà essere compagna di vita.

Spesso dispone di un’originalità sconcertante e deve fare i conti con l’autodidattismo, meglio per lui se riesce prima che èpuò, a trovare un equilibrio fra proprie risorse e istinto naturali ed una rigorosa costruzione tecnica. Trovare un insegnante che lo illumini è quanto mai difficile, a meno che non sia l’insegnante stesso a rassegnarsi al fatto che farà sempre di testa propria.

Alberto

 

 

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.