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(approfondimento del capitolo “Mettere a velocità” del NON MANUALE PER IL PIANISTA)

Non me ne abbia a male Carl Czerny – il cui infinito merito non ancora completamente compreso è quello di insegnare al pianista a stare in piedi (NO GRAVITY!) – se però della velocità ha capito ben poco.
Io sono sicuro che ogni pianista – nell’intimità della propria stanza si sia divertito – mentre sta studiando il pianoforte – ad andare a folle velocità. Forse perché sta diventando sicuro del pezzo, o ha in mente qualche idolo della tastiera che vuole emulare, per vedere cosa si prova, per esprimere la propria energia… 

Eccoci quindi a riflettere insieme sulla velocità pianistica:

la velocità, come percezione pura, è dovuta alla osei centrale ci fa sentire lenta anche quella della luce, e ci fa sincronizzare sulla personale velocità biologica di ogni essere vivente.

Quando dobbiamo tenere qualcosa con estrema delicatezza (un neonato) o sollevare qualcosa di pesante ma prezioso (un vaso Ming!), la forza di entrambe le mani si concentra, a partire dalla parte interna del mignolo, verso la “zona più carnosa” della mano e quindi verso la base delle dita. Lo stesso accade quando un fortissimo deve essere immediatamente seguito da un pianissimo.

Quindi, la maggior velocità pianistica possibile avviene dal compattamento della mano, a partire dalla parte interna del mignolo e il movimento parte dalla base delle dita stesse.

Coordinazione circolare medulare

La velocità al pianoforte l’ha scoperta Franz Liszt, con una sola frase in Italiano, “gittare mollemente la mano“……ma l’avrebbe potuta scoprire Domenico Scarlatti, se solo avesse avuto sotto le dita un pianoforte con il doppio scappamento, piuttosto che uno sgangherato gravecembalo col pian e il forte.

L’inventore della velocità pianistica.

Qualche esempio di come venga metabolizzata la velocità dai grandi pianisti: oltre al suo ideatore – Franz Liszt – abbiamo una curiosa attitudine del pianista Vladimir de Pachmann (a destra): per lui l’esercizio migliore per un pianista era quello di mungere! Eccovelo dunque ritratto in un particolare esercizio pianistico. Ma i conti tornano: mungere è un movimento centrale della mano!

Murray Perhaia è un pianista che sa fare le scale come se fossero dei glissandi: velocità pura…

Al contrario, Horowitz in questa eccezionale esecuzione del 10-4 di Chopin riesce a darvi l’impressione che il tempo sia fermo: la velocità non è più quella del metronomo…

infatti, se teniamo in braccio un neonato – quando sta bene – lo sentiremo pesante, viceversa lo sentiremo molto leggero: eppure sulla bilancia, il peso è lo stesso.

Allo stesso modo, la bilancia del pianista è il metronomo, ed è la sua sensibilità interna a determinare la velocità. La velocità è in relazione al tempo: ci sono pianisti infatti che sanno allargare il tempo biologico dell’ascoltatore a dismisura (ma ne parleremo).

Potete vedere subito quali pianisti hanno fretta, eseguendo il preludio 16 in sib minore di Chopin e quanti invece danno un impulso interno.

Una curiosità: il tempo “metronomico” di entrambe le esecuzioni è identico.

verticale: quella offerta dalla totale regolarità e uniformità; la percezione della velocità è lontana, gratificante, unita alla struttura;

frontale
dinamismo; la velocità è percepita all’interno della piacevolezza del movimento e scandita dal ritmo di tensione-distensione;
laterale
: il jeux perlè…; la percezione della velocità è timbrica: il pianista va per sottrazione, man mano che velocizza porta alla luce l’armonia;
rotatorio: sempre unito al “forte”, al ritmo, al controllo auditivo; la percezione della velocità è
centrale: velocità pura e la “maggior velocità possibile” però legata alla  e all’immaginazione***.

le scale come piacciono agli insegnanti, il terzo tempo del Concerto in Sol di Maurice Ravel, lo studio op. 10 n. 4 di Chopin, Etude-Tableaux op. 39 n. 1 di Rachmaninov, tutta musica che deve sembrare “ferma” o, se preferite, vista dall’alto; le scale come piacciono ai pianisti, lo studio Op. 10 n. 1 di Chopin alla velocità scritta: di più o di meno non rende più; lo studio op. 10 n. 5, l’inizio della settima sonata di Prokofiev, il finale della seconda sonata di Chopin, Mozart****, Scriabin.

*la musica stessa – nella sua essenza – è conclusiva. Il pianista ha il senso della velocità come un suono isolato e bastante a se stesso che va verso un altro. E’ la percezione più conveniente per questo strumento soprattutto riguardo ai salti;
**nel pianismo di Robert Schumann il tempo interno non coincide mai con quello di ***un primo esempio strabiliante che ci dimostra come la velocità può essere legata all’immaginazione ci viene da F. Chopin:

severo verso i suoi allievi, non era mai soddisfatto di questo inizio per cui suggeriva (gridando…): “Come una domanda! come se fosse una domanda!” Se provate, sentirete le dita scattare dalla loro base.
****intuito in modo geniale da Glenn Gould che manovra la velocità in modo apparentemente bizzarro.

Se invece siete alle prime armi ciò non toglie che potete divertirvi a sperimentare le cinque velocità con qualsiasi studio o esercizio abbiate tra le mani in quel momento.

Cosa fare

per raggiungere la maggior velocità possibile? Senza dimenticare che la velocità è una percezione biologica dell’organismo bisogna utiliizzare la regione f-e (la verticalità corretta che si riflette in una corretta e particolare per ogni pianista posizione delle braccia) per trasferire l’energia verso la parte più carnosa della mano (lato interno e contiguo tra quarto e quinto dito). Col tempo vi renderete conto che tutto il corpo collaborerà a questo processo e l’epicentro del movimento si trasferirà nella zona del bacino (regolato dai muscoli interni delle cosce); quando si suona alla massima velocità possibile, il movimento parte dalla base delle dita stesse (vedi), soprattutto 1 4 e 5.

Di tutto questo
non troviamo niente nel nostro testo di Czerny alla velocità dedicato; per evitare quindi che i pianisti si confondano le idee, consiglierei di rieditare la sua opera in:

La scuola della massima efficacia, ferma restando la regolarità digitale, resa all’intelligenza dei pianisti, Op. 299.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.