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C’era una volta… l”interpretazione, la sua storia e la sua ragion d’essere; ad un certo punto nascono i principi azzurri-interpreti (la musica riflette sui cambiamenti sociali, riflette su se stessa e così via); alcuni risvegliano con baci gli autori-principesse addormentate, altri vagano per boschi con la spada in pugno o fanno gli ammazzasette, o tessono vestiti per l’imperatore.

Ma dal punto di vista dello spontaneo che accade? Molto semplicemente l’interpretazione è l’incontro creativo e fecondo tra

  • la naturalezza dell’autore
  • e quella dell’esecutore
complice una fusione di sensibilità.

Cercherò, in questa pagina di esplorare con voi il fenomeno estremamente complesso dell’interpretazione.

Vediamo prima di tutto l’idea del taiheki. Se volessimo paragonare l’essere umano ad un iceberg, il taiheki è sicuramente il fondo dell’iceberg, ciò che rende unico un essere umano, il suo essere naturale spontaneo e genetico. E quindi aldilà della storia personale e dei condizionamenti postnatali.

Ho già parlato del taiheki riportando uno scritto molto lucido e rigorosamente seitai di Noguchi che parla di Sviatoslav Richter (vedi).

Ogni autore ha il suo taiheki, da scoprire e assimilare e spesso i grandi pianisti ci arrivano per istinto; ogni pianista esecutore ha ovviamente il suo. Da questa feconda e infinita combinazione nasce il senso profondo dell’interpretazione, ed è solamente utilizzando questo terreno fertile che si potrà integrare tutto ciò che l’io vestito ha scoperto e vissuto nel corso dei secoli, compresa l’attuale filologia (che purtroppo non è ancora dalla parte della naturalezza…). 

L’essenza dell’autore va sempre colta, assimilata e maturata se si vuole interpretare, tuttavia le variabili sono infinite:
  • interpretare è cogliere le tendenze naturali dell’autore filtrandole con la propria sensibilità 

Vediamolo praticamente con esempio: J. S. Bach richiede una sensibilità che nasca dalla osei verticale, il movimento alto-basso con l’alto che definisce il Nord: il movimento della CVP sarà verso l’alto e così le braccia, il suono sarà orientato verso l’alto ecc. ecc. Queste caratteristiche vengono ovviamente rispettate da un pianista della levatura di Andras Schiff, però filtrate da una notevole componente personale centrale; il risultato ha del miracoloso: un suono sostenuto e concentrato più o meno come la linea dell’orizzonte…


La digitalità verticale prevede l’attivazione dell’intelligenza dei polpastrelli, quella centrale la base delle dita, la prima crea regolarità e staccato, la seconda crea la velocità e il legato: ma nell’esecuzione di Schiff non c’è conflitto alcuno. Comprenderete tutto nei pochi secondi con cui il pianista si prepara all’esecuzione…

Nello schema che segue trovate in modo generalizzato le percezioni relative ad ogni osei; ovviamente nella realtà troviamo un insieme molto più complesso, che risente del taiheki e della TPE, tuttavia ci permette di orientarci e capire, per esempio, la linea guida per eseguire e maturare un autore;

oseis_sensibilidad2
All’inizio non è facile rendersi conto di tutto ciò, ma con l’orientamento seitai che lavora esclusivamente sullo spontaneo (e le sue pratiche di katsugen undo e yuki), il corpo comincia a sentire verità di cui non ci eravamo mai accorti e che costituiscono un’onda continua e perpetua di autoapprendimento.
  • E se l’essenza non viene colta?

Se Bach andrebbe studiato con l’idea di un movimento verso l’alto, così pure dovrebbe essere Rachmaninov, ma sembra non accorgersene nessuno e l’autore rimane senza la propria identità e dignità.

Ma da dove si intuisce la “verticalità” di Rachmaninov? Da quanto ho detto prima, riguardo al corpo che sente, ma anche osservando i ritratti, la scrittura

Bach o Rachmaninov?

che sembra quella di Bach; e infine da lui stesso, dal suo modo di suonare, asciutto e antigravitazionale:


La storia dell’interpretazione è di fronte a un primo bivio di cui ignora l’esistenza: perché Rachmaninov (e così altri autori) non è mai eseguito secondo la sua naturalezza, o almeno con lo stesso impegno e cura che si hanno per Bach, Beethoven, Schubert e Brahms? Se lo meriterebbe, visto che oltre ad essere temporalmente vicino a noi era anche un grande pianista…

Una ragione l’abbiamo già vista, ed è il ponte che il giovane interprete utilizza per raggiungere il grosso pubblico: “se eseguo bene il Rach3 la mia carriera è sistemata e così posso far sentire il mio Beethoven…”, ma non si riesce a spiegare l’indifferenza verso il nucleo più profondo di quest’uomo.

A parte qualche caso isolato che ne conferma la regola:

  • taiheki di autore ed esecutore coincidono

Cosa accade quando il taiheki dell’autore e dell’interprete in qualche modo coincidono, l’abbiamo visto nel caso di Musorskji-Horowitz (vedi), ma possiamo trovare il fenomeno per ogni pianista che, con un autore, si trovi come a casa propria.


Questo aspetto crea anche un fenomeno curioso: rispettare la naturalezza dell’autore e la propria crea la perfezione tecnica, il miraggio tanto agognato dal pianista…
 

…e ci pone di fronte a un secondo bivio storico: da una parte abbiamo una bella interpretazione (ma giudicabile, sensibile ai gusti personali e storicizzabile), dall’altra un’interpretazione che nasce, per intenso e autogeno desiderio vitale del pianista, da un’affinità.

E’ tutta un’altra cosa, e la critica e il gusto dovrebbero cominciare ad imparare a tenerne conto perché quando si crea un’oggettività del sensibile non c’è più tanto spazio per la discussione.
  • Prevale l’aspetto creativo
Un altro modo ancora di interpretare è quando un pianista è anche compositore:
 
 
non si potranno utilizzare gli stessi parametri, quanto apprezzare altri aspetti (Da dove viene la creatività?).
  • Il taiheki del pianista e dell’autore non coincidono
Di fatto, molte interpretazioni nascono invece da una tensione creativa tra la propria naturalezza e quella dell’autore che non coincidono. Questo genera interpretazioni interessanti, appunto per il loro contrasto elettivo.

Questo, per fare un esempio: penso proprio che sia una delle migliori interpretazioni di questa sonata difficilissima da inquadrare…

 

  • Vie di fuga
L’analisi dell’interpretazione non può non tener conto di un altro aspetto: la tremenda forza emozionale della osei laterale, per fare un esempio, è sempre assistita da quella frontale (vedi triplice ricorso). Lo testimonia il fatto che respiro e pulsazione armonizzati sono nel rapporto di 1 a 4, testimoniandone fisiologicamente l’interdipendenza a favore del primo. Per un pianista emozionale come Brendel, quindi, diventa vitale andare verso un autore frontale come Liszt, spiegandovi la sua grande passione. Il suo Liszt è ovviamente particolare, e prima di dare un giudizio critico, bisognerebbe imparare a decifrare le esigenze vitali di un interprete, al giudizio stesso preesistenti…
 
 
  • Il pianista in cammino verso l’autore

Debussy ha una naturalezza laterale estroversiva, completamente orientata verso il timbro, in un’assoluta mancanza di forma. Questo bravo pianista, però non contempla minimamente questo aspetto, nonostante una buona esecuzione di fatto. Ben visibile è il lato esposto delle braccia e il suo movimento: sta suonando con la sola osei frontale. Sicuramente se la caverà alla grande con Liszt, andate pure a controllare…

…intanto diamo a Cesare ciò che è di Debussy:


Maurizio Pollini è un pianista estremamente emozionale, che però sa nascondere perfettamente (unico indizio la sua seduta allo strumento sempre molto in avanti); la sua tendenza laterale personale (a mio avviso è il pianista più autenticamente “italiano”), incrociandosi con quella di Debussy, crea un miracolo: la creazione pura del suono e del rumore in questo particolare Preludio di Debussy. E’ su queste premesse che vorrei veder fondata la ragion pura della critica…

E se volete la controprova con Liszt, vi lascio andare ad ascoltare Pollini che interpreta la Sonata in si minore, vi sorprenderà.

  • Pianisti Medium…
Vi lascio quindi gustare i miracoli che riesce a creare un pianista come Dmitri Alexeev che, per personale sensibilità e naturalezza, a metà tra lo psicanalista e il medium, riesce a cogliere la verità profonda di un autore, trasformando il senso stesso dell’interpretazione in qualcosa di vitale e profondamente percepibile: più che l’interpretazione di Brahms, infatti, coglierete Brahms stesso, le sue emozioni profonde ma coagulate, e l’ansia di chi, come lui, di fronte a tre vie, in realtà è la quarta che desidera, senza però riuscire a reclamarla, manifestarla o soddisfarla.
Ancora una volta vediamo che simile resa non è mai casuale ma sempre accompagnata da un pianismo perfetto e rigorosamente strutturato: mani in continuo dialogo tra loro, con la sinistra più densa e presente, il terzo dito come ordinatore del movimento della mano e lo sforzo continuo per proiettare il suono verso l’acuto… non manca niente della tecnica Brahmsiana!
Approfittiamone del nostro pianista medium per vedere insieme cosa accade con il problematico Schumann:

Incredibile: il tempo interno è sfasato rispetto a quello di esecuzione, e fin qua ci siamo; ma Alexeev riesce persino a intuire e rendere che nella musica di Schumann il timbro non c’è, (per la TPE laterale dell’autore) e lo cerca in sua vece: siamo di fronte ad un pianista di trascendentale levatura, e come tale al riparo dal grosso pubblico…

  • Il viaggio continua…

I pianisti di vecchia data avevano, rispetto a quelli di oggi, una semplice diversità: suonavano dal loro cuore, mentre oggi tra i giovani la tendenza è purtroppo quella di compiacere il pubblico, far guadagnare le case discografiche e farsi massacrare dai concorsi. E questo non giova di certo alla crescita e alla maturazione di nuove strade.


Rimasi piacevolmente sorpreso nel sentire come il chitarrista Johnn Williams si rifiuti categoricamente di presiedere alle giurie dei concorsi perché trova assurda (e io concordo perfettamente) la classificazione. Che senso ha dare un primo e secondo posto, un primo non assegnato quando poi ogni pianista ha le sue caratteristiche? Non sarebbe più conveniente cogliere, in un concorso, i pianisti al giusto grado di maturazione, incoraggiando quelli che non lo sono ancora?

Finché non cambierà questa modalità ormai vetusta, i giovani pianisti saranno meno liberi di esprimere loro stessi, il bene più prezioso che può avere un essere umano.

Grazie a Dio ci sono le eccezioni, ci sono i giovani creatori di nuove strade e ponti tra loro stessi e il mondo.
 

quelli che vi fanno apprezzare il potere e la magia femminile alla tastiera, vere figlie di Clara Schumann (divorziata, però):
 


Di tanti giovani ormai celebrati ma incastrati nelle pastoie del successo, attendo la loro maturazione poiché l’interpretazione si incrocia anche con la maturazione dell’essere umano; facciamo in modo che si compia… 

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.