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E’ semplicemente incredibile come,

in un semplice estratto di poche battute tratto dalla coda del primo tempo del secondo concerto per pianoforte di Rachmaninov, ci possano essere così tante sfumature di articolazione da farci riflettere insieme sul senso stesso dell’articolazione pianistica.

In questo primo esempio potete vedere su partitura come le mani si prestino alla ricerca di un timbro morbido, il cui artefice e protagonista assoluto (come indicato da cerchi rossi) è il dito indice, e come potete vedere nel video, le mie dita articolano in modo sfumato. Per ottenere il timbro giusto, mi sono anche reso conto di essermi man mano spostato verso sinistra trasferendo il centro di gravità.

 

In questo estratto invece le dita sembrano quasi non articolare (capita spesso nel pianismo di Scriabin generando un suono da lamina percossa), i movimenti sono minimali, quasi inavvertibili dai non addetti ai lavori (che dicono ammirati: “sembra che sfiori la tastiera...”), perché nascono dalla loro base.

Con il poco a poco accellerando, che potrebbe benissimo essere sostituito da: poco a poco risvegliando l’articolazione, il pianista comincia a sentire la necessità di definire bene l’articolazione e potete osservare contestualmente nel video come le mie dita comincino a funzionare a partire dalla loro punta, garantendo l’articolazione che è – per chi già conosce questo magazine – controllata dal dito medio.

In questo stretto si attiva il movimento rotatorio, governato al timone dal dito 4 anulare, garantendo così la famosa articolazione “martellata”, protagonista del pianismo moderno.

Quindi possiamo concludere che non esiste un’articolazione standard, ma quella di volta in volta vincolata a quale dei 5 movimenti sia attivo durante la vostra esecuzione o quella veicolata dall’autore stesso, Rachmaninov in questo caso pianista-compositore, come Chopin, fisiologico. Tengo a sottolinearvi anche che non ho fatto niente di volontario per modificare l’assetto o il funzionamento delle mie dita, ma tutto è accaduto seguendo il flusso del movimento in modo spontaneo.

Possiamo dire però che l’articolazione classica, quella amata dai nostri vecchi insegnanti di pianoforte, quella con cui ci hanno fatto “sgranare” scale su scale e “digerire” badilate di Hanon, è quella sulle punta delle dita e connessa al movimento verticale, l’equivalente della posizione sulle punte del balletto classico, simbolo indiscusso di grazia ed eleganza.

Com’è la tua articolazione pianistica? Qual è la sua qualità? Cosa manca? Quali figurazioni non riesci ad articolare, regolari, fluide, di jeux perlèe? Hai ora già gli strumenti per comprenderlo e qua troverai le basi per risolverlo.


Se sei un lettore nuovo e vuoi saperne di più, il magazine è ricchissimo di tutte le informazioni che ti servono, altrimenti le puoi trovare affrontate sistematicamente nei miei quaderni che puoi trovare a questo link. O se preferisci, ne possiamo parlare a lezione di piano online. Ti aspetto.

Alberto

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.