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In attesa di espirare, il pianista inspirò espressivamente alla prima nota e non espirò fino all’ultimo; la musica diventò blu e alla fine svenne.

Jura Margulis

Ho già parlato della respirazione

del pianista per cui rimando il lettore interessato a questo articolo che, vista la scarsezza di scritti sull’argomento, corre il rischio di essere l’unica risorsa disponibile. Capirete quindi, quando ho scoperto questo aforisma di Jura Margulis, l’immenso piacere di trovare un collega che viaggia nella stessa direzione.

Respirare è un fatto complesso che richiede l’armonia e il buon funzionamento organico e coordinato di tutto l’organismo, non solo un fatto tecnico e polmonare che anche se lo fosse, riguarderebbe la parte bassa dei polmoni dedicata al ricambio, in genere scarsamente utilizzata.

Comunemente si pensa che “respirare” sia dare un accenno espressivo ad una frase, quell’apostrofetto che riportano i nostri antichi insegnanti di pianoforte, sostituito poi, nella notazione musicale dal gioco delle legature, ma dimenticando che respirare significa far coincidere gesto, musicalità, espressione, padronanza tecnica, chiudendo il ciclo con… l’espirazione.

Mi sono messo dunque al lavoro e a investigare e ricercare, per fare scoperte interessanti che vorrei condividere con voi in questo articolo.

Mi sono accorto che Glenn Gould, per esempio, non respira. Accenna in modo espressivo l’inizio della frase, ma sempre dimenticandosi di espirare. Comprovatelo anche voi ascoltando il suo respiro nel video che segue. A guidarlo (e con lui l’ascoltatore), la sua grande capacità architettonica nel disporre il contrappunto e dare per scontato che la musica di Bach non risulti troppo espressiva (diamine! Proprio Bach che adorava Marcello, Vivaldi?!!!…).

Per avere un’idea di cosa vuol dire accompagnare il respiro fino all’espiro, o meglio lasciare che avvenga spontaneamente, ascoltate allora Horowitz eseguire questo brano di Schubert.

La sua infinita capacità di gestire i timbri viene proprio da questo (a 00:19 il primo, con una liquiescenza timbrica e la mano che si alza, veramente spettacolare), e una tale chiarezza respiratoria mi apre immediatamente un altro spunto di ricerca:

che ci sia una correlazione tra buona respirazione e virtuosismo pianistico?

Riflettere sulla capacità di un pianista di accompagnare il respiro fino ad esalare la fine di una frase musicale mi ha fatto ricredere su una pianista che ritenevo essere un modello equilibato di respirazione.

Ascoltando Idil Biret, sentirete l’espirazione, ma condotta in modo frettoloso.

Tornando al binomio virtuosimo-buona respirazione, mi sono reso conto che Cyprien Katsaris è uno dei pianisti che respira meglio…

…avrà quindi una buona tecnica delle ottave?

Cosa fare dunque

per poter respirare meglio al pianoforte? Scegliete un brano in cui – a vostro gusto – possiate gestire e accompagnare la respirazione, dall’accento espressivo dell’inspirazione chiudendola con l’esalazione.

Io ho scelto questo, per cominciare

ben conscio che la mia prova d’esame universitario della respirazione pianistica la andrò a testare con il tempo lento del concerto in sol di Maurice Ravel.

A proposito: come respira A. B. M.?

Potete farmelo sapere nei commenti.

continueremo…

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.