Partendo dallo Studio Op. 25 n° 2
uno dei più amati ed eseguiti dal suo autore vedrete come andrebbe impostato lo studio e l’interpretazione dell’opera pianistica di Chopin.
Se osservate la sua postura (e vedrete la stessa cosa in qualsiasi sua immagine) vi rendete conto della compresenza di tre movimenti: il frontale, il centrale e il laterale
Più o meno questo
Che andrebbe rispettato nella lettura, studio e interpretazione del grande compositore, pianista e didatta franco/polacco.
Un punto di vista inedito, nuovo, oltre la scuola, oltre i gusti personali, oltre il tempo.
Trovate questa particolare combinazione di movimenti in qualsiasi opera di Chopin, vi faccio un esempio pratico per assimilare questa nuova prassi di studio e di interpretazione.
E’ chiaro che è necessario dare un impulso frontale e un certo ritmo, per avviare questo preludio
ma dopo un po’ la la maggior parte dei pianisti anche professionisti si trova in difficoltà, perché il movimento frontale non basta più e si è a rischio di errore, se non si aggiunge la microarticolazione dalla base delle dita e la velocità interiorizzata del movimento centrale
in mezzo a tutto questo, in modo sereno e sfacciato, la destra “canta”…
Divertitevi a trovare come si articolano e manifestano questi tre movimenti in qualsiasi opera di Chopin state studiando, vedrete come aumenterà in modo esponenziale la vostra capacità di lettura e di interpretazione del pezzo!
Chi diventa dunque il pianista chopiniano ideale?
Colui che sa rispettare al meglio queste tre caratteristiche, perché sono le proprie. Cortot e Bartok (o il giovane Eric Lu) ne rappresentano il frontale passivo, dal magnifico rubato e dal cantabile pastellato, Arthur Rubinstein divenne un grande interprete chopiniano perchè lo salvò dall’isteria di fine ottocento grazie alla sua naturalezza laterale, Louis Lortie li possiede tutti e tre e penso sia il riferimento, ecc.
Curiosamente questi stessi tre movimenti sono visibili nelle mani di Chopin
continueremo…