Raramente sentiamo la musica di Handel in un concerto di pianoforte. Perché?
Per quella pianistica di Bach c’è sempre stato grande fermento, o grandi polemiche per decidere tra esecuzioni al piano o al clavicembalo, pianisti che hanno fatto la loro fama suonando Bach, altri che lo utilizzano per averla, serene vecchiaie accompagnate da esecuzioni ispirate dei preludi corali, trascrizioni jazz…
Handel sembra invece stranamente esentato da tutta questa fenomenologia…
Le scuse ufficiali sono essenzialmente filologiche: quanto scritto in partitura non è sufficiente per ricostruire un’esecuzione standardizzata al pianoforte.
Ma la vera ragione, secondo me sta che non è stata ancora possibile da parte dell’interprete cogliere la chiave di lettura di questo incredibile autore, non a caso favorito da uno come Beethoven; una chiave che si può tranquillamente riassumere in queste poche parole guida
generosità in espansione portata fino all’infinito
Il nucleo della musica di Handel, il suo movimento è quello di espansione che poco si adatta al pianoforte quanto invece più congeniale all’organo, strumento privilegiato per Handel e legittimando dunque la sua diserzione dai programmi da concerto.
Tuttavia, come Bach ci fa scorgere Rachmaninov, così sarà Scriabin a farci scorgere Handel al pianoforte, almeno la fase detensiva del suo pianismo.
Movimento verso l’interno, multiradiale
Suo detensionamento (verso l’esterno),
il nostro punto di partenza per “rendere” efficace e verosimile Handel al piano.
Suonare Handel al pianoforte è dunque una gran bella scommessa con se stessi, mette a dura prova la propria generosità e capacità di espansione ma vi assicuro che ne vale la pena.
La sua musica è infatti l’unica porta di accesso possibile per chi – per la sua prima volta – desidera avvicinarsi al grande universo della musica classica, ha la capacità di trasformare le preoccupazioni in serenità, alleggerisce il peso al cuore.
Non a caso un uomo tormentato come Beethoven lo amava.
Un plauso dunque a Sviatoslav Richter che ha avuto il coraggio di proporlo, insieme ad un giovanissimo Gavrilov, anche se non è in grado di rendere granché; sembra comunque di sentire Bach (come resa pianistica, ovviamente!). Peccato che non trovi tracce di registrazioni da parte di Lazar Berman, John Ogdon, Grigory Sokolov, che si son persi un’occasione di repertorio adatto a loro ma in compenso ce n’è una interessante di… Keith Jarret.