Gli studi di Philip Glass sono di certo della buona musica, ma tecnicamente come sono? Sono validi, utili, istruttivi?
E’ quello che mi sono chiesto durante la lavorazione dei miei quaderni dedicati alla tecnica pianistica. La mia attenzione è andata sugli studi di Philip Glass nel momento in cui mi sono interrogato sui processi concreti e profondi per iniziare a suonare il pianoforte.
Questi studi, non trascendentali a una prima lettura, mettono chiaramente a fuoco il processo di apprendimento e il funzionamento naturale di entrambe le mani. E’ da questo contrasto poliritmico che scaturisce la poesia, mai il contrario, di sicuro questi studi sono scomodi. Ve ne innamorate, ma poi alla tastiera vi tengono saldamente i piedi a terra: impagabile didattica.
Un altro aspetto prezioso è di rendere visibile il processo di strutturazione del timbro, potrei quasi dire che sono studi sul timbro. O meglio, il movimento riesce ad “ingabbiare” la sorgente timbrica per osservarla e padroneggiarla.
Sotto le dita di un pianista professionista, meglio ancora se compositore, invece, permettono di spazializzare il suono in modo estremamente efficace
Nel video che segue invece, sentirete una brava pianista che però affronta gli studi in modo tradizionale; il risultato è un suono quasi listziano – che risulta inadeguato.
Ci provo subito anche io e sin dalla prima lettura trovo esaltante questa spazializzazione timbrica veramente sensazionale!
Ci vuole una mentalità e naturalezza nordica per rendere al meglio la visione oggettiva e distaccata degli studi. A mio parere la esecuzione più pertinente.
