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Non è di un feroce

duello che voglio raccontare, tra i due Franz del titolo che altri non sono che sono Liszt e Schubert, ma la storia di un’amicizia che ci porterà a riflettere su alcuni aspetti del pianismo: cosa può considerarsi difficile al pianoforte, cosa si intende per difficile, perché Liszt ha omaggiato Schubert (ai suoi tempi perfettamente sconosciuto) con trascrizioni?

 

Innanzitutto

cominciamo a capire come funziona il pianismo di Schubert, particolare quanto quello di Brahms (il suo opposto) e potenzialmente difficilissimo se non si hanno le giuste coordinate. In una sana esecuzione pianistica, l’emozionalità gioca il suo ruolo importante, ma non a tutti è chiaro come tale emozionalità funzioni a livello corporeo e organico e spesso si confonde per emozione ciò che in realtà non lo è: la rabbia, o l’intimità introspettiva.

Quando si sta vivendo un’emozione, il corpo è come se si dividesse in due metà

alternando tensione a distensione (accavallare le gambe o appoggiare al muro un fianco, indicano un “riposo” dell’attività bilaterale).

In alcune persone tale attività è predominante condizionando corpo e postura.

Schubert era una di queste persone

per cui tutto ciò che scrive per il pianoforte rimane condizionato da una metà del corpo più densa e l’altra rilasciata, da una spalla perennemente più alta dell’altra. E dal punto di vista psichico quello che vorrebbe veramente esprimere al pianoforte sarebbe il bisogno di comunicare, l’orrore della solitudine il fascino per le sfumature senza definire la struttura.

Ogni singolo passo tecnico meriterebbe di essere visto da questa angolazione e non pensato in se stesso o frammentato (salti, accordi, tipo di fraseggio) come comunemente si fa, ignorando la natura stessa di un autore.

Ecco che quindi la Wanderer viene dal mondo di Schubert scontrandosi con una solida struttura rivoluzionaria (una sonata con i tempi fusi l’uno nell’altro, unicità tematica, impianto tonale innovativo). Una sfida a cui Liszt non poteva non rispondere e che rende la Wanderer veramente difficile.

Nel suonare la Wanderer il pianista è più esposto al rischio di esporre se stesso che non – per fare un esempio comparativo – con l’esecuzione della Sonata in Si minore di Liszt. Lì bisogna scatenare l’adrenalina per correre su una macchina perfetta, là buttarsi a pancia in giù su un vecchio slittino lungo una discesa innevata.

Nel pianismo di Schubert è importante che le mani si sincronizzino lateralmente (con la destra che sempre guida). Non dimentichiamo che in una coordinazione laterale (quando pura) una spalla è sempre più in alto rispetto all’altra!

Anche il silenzio* – nell’ottica bilaterale e per eseguire correttamente secondo la sensibilità di Schubert stesso – non dovrebbe mai essere effettivo, ma dare l’impressione di una piccola pausa in una conversazione altrimenti è come rimanere soli, cosa inammissibile per una persona come Franz Schubert!




Ma vediamo

ora solo alcuni dei punti critici – critici se non si comprende e cambia linguaggio del corpo – che renderebbero la Wanderer più impegnativa della Sonata in si minore;

Queste notine devono reggere il suono spaventosamente emozionale dell’inizio. Persino un pianista consumato come Brendel, per non correre rischi, divide la fatica su due mani.

Liszt non lascerebbe mai il pianista e le sue dita esposti ad un simile pericolo, guardate in una situazione simile metta dotazioni di sicurezza invidiabili che però (e qua Liszt è un mago) lasciano l’impressione di note articolate molto esposte

In questo punto bisogna saper cambiare timbro all’improvviso: punto rischiosissimo mai presente nel pianismo di Liszt: La maggior parte dei pianisti non lo fa e mantiene solo la curva melodica.

In questi altri punti, bisogna essere dei maestri nel padroneggiare il timbro, infatti non sentirete un pianista farlo in modo simile ad un altro e risulterà bello solo ad opera di pianisti maturi:

Entriamo ora per un attimo nel terreno di battaglia preferito da Liszt: quello delle ottave. Queste di Schubert – ad energia emozionale – sono molto più difficili di quelle strutturate e luminose – ma su un binario sicuro – di Liszt

e confermato da moltesecuzioni: sono pochi i pianisti che non rallentano in questo punto o che cercano escamotage espressivi per stare dentro.

Lo stesso Liszt, nella sua trascrizione per piano e orchestra o due pianoforti impotente e sconfitto, non può che fare questo:

affidare questo passo… al piano 2, ovvero l’orchestra.

Le ottave di Schubert non definiscono la regione f-e (vedi approfondimento), pertanto risulta molto più impegnativo eseguirle, senza dimenticare che Schubert utilizzavo il pianoforte a tavolo una sorta di clavicordo pianistico, molto difficile da gestire. Quindi il pianista – in questi passi – deve essere molto attento

La struttura f-e di Liszt cambia completamente il tessuto rendendolo in realtà più semplice e sicuro e solo apparentemente pirotecnico: guardate ad esempio come trascrive il punto timbrico di cui vi ho parlato precedentemente:

Solo pochi spunti per riflettere. Su che cosa è pianisticamente più difficile, per esempio, o che cosa significhi veramente la parola difficile che dovremmo tradurre con: bisognoso di maturazione interna.

Abbiamo ancora una volta, chiarendo le coordinate vitali, l’occasione per definire e tracciare un’esecuzione perfettibile e rispettosa della naturalezza dell’autore.

 

Grazie comunque ad entrambi i Franz che hanno saputo – attraendosi reciprocamente – colmarsi a vicenda di ciò che ad entrambi mancava.

Questa corretta visione che ci offre l’analisi dello spontaneo ci permette di comprendere quali interpretazioni siano più pertinenti a Schubert liberandoci per sempre dalla schiavitù dei gusti personali.

 

Da sempre ciò che piace a me non piace a te e si corre il rischio di cadere in sterili diatribe senza fine. Aggiungere – oltre all’interpretazione personale – il grado di comprensione e rispetto della peculiare sensibilità dell’autore, distingue il pianista di genio dall’illustre mestierante.

 
Vediamo ora alcuni esempi per aggiungere questa terza dimensione all’analisi delle interpretazioni.
 

Attaccare la Wanderer in f-e vuol dire rendere impossibile il ff dell’inizio, appiattendo il tutto. E’ ciò che fa Wihlelm Kempff. David Fray appiattisce a tal punto da rendere l’ambiente della Vienna tanto deprecata e sfuggita dallo stesso Schubert. Jorge Bolet – sempre rimanendo in quest’ottica – offre una straordinaria interpretazione perché è quella più vicina… all’ottica di Liszt. Quelle di Murray Perhaia e Giovanni Bellucci sono mirabili perché rispettano Schubert portando all’estremo la loro personalizzazione.

 

Un caso particolare e interessante come studio: julius Katchen ha una natura “bilaterale” come Schubert, ma dall’altra parte (come per Brahms). Non a caso Katchen è a tutt’oggi considerato uno degli interpreti Brahmsiani più validi.

 

Ci sono tutto gli ingredienti giusti (un vero fortissimo all’inizio, rischio emozionale, dei veri cambi di timbro), ma suonando “dal lato opposto” la sua Wanderer, suona particolarissima.

 

 

Questo articolo nasce seguendo il filo di un linguaggio che per il lettore occasionale può risultare oscuro o disorientante.

Alcuni riferimenti se si desidera approfondire:

  • L’emozionalità come movimento corporeo laterale:
  • Il grande merito di Liszt è stato quello di definire una struttura della tecnica pianistica (non la tecnica pianistica). Questo lo mette in linea con Scarlatti e Ravel (affronto l’argomento in questo articolo) e lo contrappone a musicisti corporalmente diversi da lui. Nel caso di Schubert l’attrazione verso ciò che ci completa, nel caso di Brahms una reciproca e indifferente ostilità.

* riguardo alle pause, guardiamo insieme quante dimensioni possono avere (estratto da la diteggiatura e i suoi segreti)

F. Chopin: Scherzo op. 31

in questo esempio il silenzio fa parte della partitura



contrasto suono-silenzio

in quest’ultimo – come necessario per Schubert – il silenzio della pausa è in realtà un prolungamento della scrittura.
zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.