Nell’articolo dedicato alle sonate di Scarlatti eseguite da Mikhail Pletnev (vedi il Glenn Gould Russo), abbiamo visto come la sua superiorità interpretativa nasca molto semplicemente dall’aver “colto” come vanno fatte.
Ivo Pogorelich, per fare un esempio, pur eseguendo le sonate splendidamente e pur essendo un grande virtuoso (come Chopin!) del pedale di una corda, non riesce mai a coglierne l’essenza. Lo stesso dicasi delle storiche e magnifiche interpretazioni di Arturo Benedetti Michelangeli, che sono un vero e proprio tributo alla carrozzeria italiana delle sonate, mai al “motore”.
Cosa ha trovato quindi Pletnev, per far funzionare le sonate, confermando una mia serie di intuizioni che troverete nel mio libro Seitai al pianoforte?
La definizione della struttura f–e e la coscienza continua degli estremi della frase musicale. Nell’articolo citato vi facevo un esempio con la K9. Continuiamo?
In verde trovate gli estremi da attivare e da mettere in dialogo: il vostro Scarlatti verrà messo magicamente su di un binario del Maglev!
La regione f-e e gli estremi si attivano dove segnalato. Questo vi permetterà di trovare il giusto incipit.
Definire con decisione gli estremi iniziali vi permetterà di incanalare con precisione la fluidità e leggerezza della sonata, trovando il giusto ritmo (a cui il timbro sarà asservito, mai il contrario).
Ascoltate come si accende questa sonata di Scarlatti non appena cerco e attivo gli estremi (soprattutto la parte più alta).