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E’ opportuno che ogni buon pianista

prenda la buona abitudine di portare l’attenzione sull’espirazione. Come il cantante sotto stress perde l’appoggio diaframmatico e comincia a “spingere” con la laringe, così il pianista perde il “peso” e comincia ad “artigliare” con le dita*.

Sdraiatevi comodamente a terra, a pancia in su, e percependo semplicemente i movimenti automatici della respirazione tra il basso ventre e il petto, o tra la zona lombare e la dorsale della colonna vertebrale. Allo stesso tempo, ponete un piccolo desiderio che le prime vadano ampliandosi. Dedicate un po’ di tempo semplicemente facendo questo, fino a che dalla dispersione generale andate concentrandovi sul movimento continuo della CVP. Quando avete fatto pratica di questo e potete ritrovare l’ascolto della respirazione anche da seduti al pianoforte, fatelo questa volta però centrando l’attenzione alla fase espiratoria dimenticando quella inspiratoria (che comunque funziona in modo autonomo seguendo il suo corso naturale). 

L’abitudine di mantenere l’attenzione alla sola fase esalatoria è fondamentale in concerto, perché non appena subentra tensione, senza rendersene conto il pianista comincia a inspirare accumulando tensione cerebrale.

La respirazione è fondamentale anche per controllare un momento delicato della vita del pianista: quello di trovare il momento giusto di porre le mani sulla tastiera per iniziare un concerto, o un esame importante. Spesso vediamo video di concertisti che si concentrano a lungo, o di “veterani” come Maurizio Pollini che entra in scena attaccando subito a suonare. Vada come vada, può concentrarsi quanto vuole, ma il momento di mettere le mani sulla tastiera accadrà in un momento ben preciso. Questo momento potrebbe essere fatale e portare ad un’esecuzione disastrosa.

Ecco che l’abitudine ad ascoltare la respirazione di cui vi parlo in questo articolo vi tornerà di grande utilità. Attaccherete a suonare dopo quanto vi servirà per ascoltare la vostra respirazione e il momento giusto per mettere le mani sulla tastiera (anche per catturare l’attenzione degli ascoltatori) sarà all’inizio dell’inspirazione.


*La stessa parola “peso” andrebbe riconsiderata. Lo chiamiamo peso se lo guardiamo dal punto di vista del pianista russo, “slancio” da quello francese o americano, localizzato in articolazione e “scatto” se siamo pianisti italiani. Queste visioni “parzializzate” daranno vita alle specifiche “tecniche” e alle loro relative “scuole”. Se invece vogliamo dargli una veste concreta e unificata dal punto di vista del movimento spontaneo, “peso” diventa lo stato di inerzia continuo e darà vita a una tecnica universalizzata del movimento, nonostante le specificità di ogni artista, come ho dimostrato in questo articolo.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.