Skip to main content

La tua guida sintetica e definitiva

Che meraviglia improvvisare al pianoforte… da sempre il miglior amico del compositore,

che cosa sublime dare vita ad un’interpretazione indimenticabile, vibrante e mozzafiato, che perdura in modo permanente nelle cellule dell’ascoltatore e che sopravvive nelle incisioni persino alla morte dell’interprete stesso.

La creatività non si origina in un altro mondo, ma nasce da una magica quanto concreta spinta della vostra quarta lombare.

Provate a toccarla, è proprio nel mezzo della linea che congiunge le due creste iliache. Sentite la sua vibrazione, o la sua tensione…

Dei 5 movimenti vitali, quello legato alla creatività è quello centrale: l’unico che offre concretamente la possibilità di entrare dentro se stessi e di connettersi con il proprio centro.

Per quanto riguarda il pianoforte, la cosa più interessante da notare è che fino ai tempi di Chopin e dintorni, il pianista interprete e il pianista improvvisatore erano la stessa persona.

Con la nascita della figura dell’interprete, necessaria per rendere onore alla tanta musica scritta, diffondendola, avviene però anche una graduale dissociazione dall’aspetto creativo, a tutto svantaggio della salute mentale del pianista: la maggior parte dei concertisti di giro di oggi non è in grado né di improvvisare né di suonare Tanti auguri a te ad una festa senza le doppie ottave!

Questo breve capitolo nasce quindi per stimolarvi a ritrovare quell’impulso alla creatività che ritengo fondamentale soprattutto per il pianista italiano, che ne ha un bisogno vitale. Non è un caso tra i migliori autori di musica da film (dove la velocità di creazione, il rimaneggiamento, il copia e incolla sono di casa) ci siano parecchi italiani e tra questi, Nino Rota, anche straordinario pianista.

Richiamo alla vostra memoria come ciascuna Osei – quando viene incanalata e si “attiva” – vi fa percepire la musica:

  1. quando è incanalata la osei verticale, la vostra totale attenzione è alla melodia; che vi chiamiate Bach e sappiate padroneggiare la polifonia o Rachmaninov che melodizzate anche in mezzo a lussureggianti catene di accordi, tutta la vostra attenzione sarà totalmente assorbita alla definizione della melodia;
  2. quando è incanalata la osei frontale la vostra attenzione è centrata sul ritmo di tensione/distensione; non a caso, la miglior “ginnastica” per un pianista dal taihei frontale sarà suonare Beethoven quanto un pezzo ben swingato;
  3. quando è attiva la osei laterale la vostra attenzione è totalmente assorbita dal timbro; tempi lenti, accordi, atmosfere, svolazzi della mano destra;
  4. quando è attiva la osei rotatoria, il ritmo e il “suono” (come controllo auditivo) la fanno da padroni; il pianista potrebbe in qualunque momento alzarsi e mettersi a ballare, contrasti forte, il silenzio viene “violentato”;
  5. quando è canalizzata la osei centrale avete un’idea della musica come un’onda unica che inizia con la prima nota e finisce con l’ultima. Densità, ripetizione, andare dentro.

Ecco a voi dunque cinque parametri per scatenare un’improvvisazione soddisfacente.

Qualcuno potrebbe obiettare: se devo rifarmi a cinque parametri, come fa a scaturire l’improvvisazione in modo libero?

La risposta è questa: i 5 PARAMETRI vi servono UNICAMENTE per mantenere sempre vigile la partecipazione del cosciente nel VOSTRO processo creativo.

Nel momento in cui liberate le vostre dita sulla tastiera, accennando qualsiasi cosa vi venga in mente, cominciare a osservarli e riconoscerli vi sarà di grande aiuto perché, mantenendo quella percezione/osservazione, questa finirà inevitabilmente per modificarsi e dare il via all’atto creativo vero e proprio.

Avrete sperimentato tutti che, ripetendo una sequenza di note infinite volte (è diventata anche una pratica compositiva di moda!), in modo assolutamente autogeno e spontaneo, ciò che suonate ad un certo punto cambia e si evolve. Una cosa ben conosciuta da chi canta una canzone con degli amici in gruppo: dopo un po’ la seconda voce appare da sola!

In questo caso e per fare subito riferimento ai cinque parametri, posso dirvi che sta funzionando il quinto.

Keith Jarrett – indiscusso maestro di improvvisazione – utilizza proprio questo. Continuità e densità, incipit ripetitivi, processo creativo chiaramente visibile dal suo caratteristico e pittoresco movimento alla tastiera.

Enrico Pieranunzi, raffinatissimo pianista italiano e grande improvvisatore, utilizza il quarto e il terzo parametro combinati: è la suggestione che gli offrono il suono e il timbro a dar vita all’improvvisazione.

Pieranunzi “sdogana” un procedimento che consiglio vivamente al pianista classico per disintossicarsi dalla classicità: quello di eseguire una sonata di Scarlatti dall’inizio alla fine subito seguita dall’improvvisazione che, come nello sviluppo di sonata, prende spunto dalla sua materia interna per scatenare l’improvvisazione.

L’improvvisazione jazz classica, ovvero gli standard, non si discosta molto da quella Biedermeier teorizzata da Czerny (la sua incredibile op. 200, rimasta insuperata nel suo genere). Unica differenza è che la partitura sul leggio viene sostituita da un foglietto con gli accordi sul somiere.

A questo punto è il mestiere che conta, e quante più scale e accordi conoscete. Personalmente la trovo cervellotica e – se non c’è vita dentro – anche noiosa.

La dimostrazione che la struttura base del pianismo jazz sia più vicina al mondo verticalizzato di Bach che non all’epicentro pianistico di Chopin, potete averla da come si possa “Jazzare” Bach senza dover cambiare una sola nota (Jacques Loussier docet!) e per contro farlo con Chopin senza cadere nel ridicolo o nel numero da salotto.

La conduzione polifonica lascia intendere le sovrapposizioni armoniche caratteristiche del jazz, mentre il pianismo maturo e completo di Chopin costringe ad adattarlo a “macchiette” (penso a “Chopinata” di Doucet), gradevoli ma inconsistenti.

Nell’improvvisazione jazz standard – è una mia personale opinione – scorre l’altro volto del pianismo, quello che vuole liberarsi dalle catene dell’interpretazione, ritrovare la libertà digitale, il fluire ritmico, la libertà dai dogmi e dalle imposizioni.

I pianisti che interpretano come se stessero improvvisando sono pochissimi. Io ne conosco solo due: Keith Jarrett e Kristian Bezuidenhout. I pianisti che suonino con la stessa profondità in entrambi i generi altrettanto pochi: Fazil Say, ancora Keith Jarrett.

La conoscenza o meno di scale e accordi non è altro che il primo parametro – l’attenzione alla melodia – e può essere bypassata a pié pari risvegliando la sensibilità al fondo dell’accordo: un tempo lo chiamavano  basso continuo.

Tra i compositori della storia abbiamo tanti eccellenti improvvisatori, ma su tutti svetta, indisturbato, Beethoven.

Il suo Taiheki rotatorio lo pone a livello fisiologico nelle condizioni ideali: la psiche conclusiva della rotazione lo metteva in condizione di improvvisare un’opera che, così come veniva, era pronta per essere trascritta sulla carta. Ma lui stesso – e proprio a causa del nascente pianista interprete – rimane imprigionato dentro la sua stessa scrittura.

I giovani d’oggi si stanno finalmente riappropriando della propria naturalezza creativa, vitale per non dissociarsi e fondamentale per chiudere un cerchio.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.