Mi è capitato recentemente di suonare per un evento:
accompagnando l’entrata delle persone, man mano sempre più numerose, ho dovuto ben presto cercare il repertorio più adatto per “farmi sentire”, quando mi sono reso conto per puro caso…che Chopin funzionava alla perfezione.
Ho cominciato allora ad interrogarmi su cosa faccia concretamente “spazializzare” il suono del pianoforte ovviamente oltre ad un buon pianista e ad un buon pianoforte…
Chopin – come i miei lettori già ben sanno – ha una triplice natura, formata dalla mescolanza unica di tre movimenti vitali, il frontale (l’insegnante illuminato, il creatore di un nuovo pianismo, gli Studi, i tempi in quattro) il centrale (il poeta, il creatore, l’innovatore, il fidanzato della Sand) e il laterale (il parigino da salotto, la sciarada di timbri delle mazurche, la leggerezza dei valzer, i tempi in tre).
Dei tre, la capacità di spazializzare è sicuramente legata al movimento centrale, centrifugo, che sa quindi come concentrare l’energia sonora e ci spiega – per la gioia dei musicologi – come Chopin potesse permettersi di utilizzare poco suono e perché – data la tendenza diametralmente opposta ad aprire – Liszt è costretto ad impiegare l’artiglieria pesante (doppie ottave e arpeggi accompagnati) per produrre suono-
Come fare concretamente? Portate una piccola attenzione sulla parte interna dei mignoli sentendo come tutto il corpo facilmente risponderà ad un movimento verso dentro. Il movimento centrale è contemporaneamente psichico, vi permetterà di stare tranquilli, dentro voi stessi, con un suono… ben spazializzato.