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Il KOAN: vai verso l’alto, senza usare il pedale

Se il 10-1 l’ho paragonato a un film, il 10-4 è una sequenza di fotografie. Uno studio che ogni pianista – ogni volta che matura – dovrebbe riprendere, perché imparerà sempre qualcosa.

Come va eseguito correttamente ce lo mostra Horowitz, che offre anche l’impressione che lo studio sia… fermo, nonostante l’88 per semiminima che indica il metronomo.

Se Liszt, gittando mollemente la mano scopre la velocità pianistica, Chopin ci fa vedere fino a che punto può arrivare e che grado di “tenuta” può avere un’ articolazione alla Czerny.

Mi viene anche in mente un film dove Anthony Hopkins impersona la storia – realmente accaduta – di un uomo che cerca di superare un record di velocità con una vecchia moto. Ci riuscirà più volte.

 
Paul Barton, nel suo tutorial su questo studio – in modo assolutamente geniale – ci parla di Torrent come di un insieme di  microstudi che potrebbero essere studiati in modo autonomo e interscambiabile: ha perfettamente ragione. Sarebbe stato anche uno studio perfetto per Glenn Gould, ma ne potete avere un’idea ascoltandolo nel Preludio in Sol diesis minore del WTC2.

Che cosa ci fa capire che la mano definisce maggiormente il piano verticale e non quello frontale? Che bisognerà attingere al sistema nervoso e non alla parte muscolare? Che lavorerà la punta delle dita?

L’inizio

che definisce gli estremi, ma non la parte esterna

e la fine

con questo arpeggio fisiologicamente diverso da quello del 10-1.

Inoltre la scelta della tonalità (do diesis minore), che costringe il pianista a cercare un equilibrio, non giustificando un’esecuzione affrettata. Pensate se Chopin l’avesse scritto in do minore, la tonalità preferita da Beethoven: i pianisti avrebbero avuto libero accesso alla pista!

La logica

della coordinazione verticale è la logica degli estremi: non solo quelli tra pollice e mignolo che, insieme alla linea medulare definiscono la verticalità della mano, ma – nello stesso tempo – quelli tra punta delle dita e polso e tra punta delle dita ed estremo del braccio. E’ un movimento che vi fa vedere tanto la bellezza ed eleganza tutta occidentale quanto la contemplazione e il distacco orientali.

 
La dimostrazione che venga richiesta una coordinazione verticale la trovate osservando con che facilità lo suoni Sviatoslav Richter (che per contro, non è mai riuscito a dare una resa altrettanto convincente nel 10-1, nonostante la grandezza e ampiezza delle sue mani).
Pianista di taiheki verticale, si trova quindi perfettamente a proprio agio con questo studio che esegue a folle velocità e in… “punta di dita”. Osservate anche come 1 e 5 siano sempre ben definiti, lasciando la linea che porta al dito 3 immobile, nonostante l’apparente irruenza, e come l’articolazione delle dita parta solamente dalla loro “punta”.

 

La bellezza e la gratificazione in questo studio la trovate quando riuscirete a sentire stabile l’asse medulare: il gioco di prestigio di tutta la parte interna del 10-4

Qua Chopin vi mette alla prova per vedere se riuscite a mantenerlo immobile: se ci riuscite, l’effetto sarà veramente Bachiano.

Note ribattute o ricerca di equilibrio?

 

Che spettacolare filigrana pianistica! E senza dover mettere la moneta sul dorso della mano!
Osservate le mani di Murray Perhaia in questo straordinario bis: la linea che congiunge il dito 3 è immobile!

 

Interpretazione stupenda e con il fuoco tipico dei pianisti russi: Evgenij Kissin attacca però il 10-4 come se fosse il 10-1 (con la parte esterna di pollice e mignolo); ma la logica ineccepibile della struttura interna degli Studi non perdona; è costretto, per restare nel binario, a pesare come un masso nelle parti di mezzo e a 00:59… a ricorrere alla mano sinistra!

La prova che Kissin stia suonando canalizzando il movimento frontale la trovate osservando… i suoi mignoli. Infatti si muovono anche quando non devono suonare, segno che è in atto una coordinazione muscolare delle dita che abbiamo visto non necessaria per questo studio. Se invece tornate ad osservate Perhaia – che rispetta il sentito verticale – vedrete i suoi mignoli funzionare sempre e solo quando necessario, con la punta delle sue dita che sembra essere calamitata dalla tastiera!

Questo studio – per volontà del suo autore – dovrebbe essere fatto senza pedale: è segnato solo alla fine. A parte Horowitz e Igor Kamenz – che non usa il pedale neanche nel Mephisto Valzer – nessuno se la sente di farlo, soprattutto se lo si deve portare in concerto o in concorso.

Un piccolo trucco: il tendine di Achille è il corrispettivo della linea medulare nell’avambraccio: se attaccate lo studio tenendo i piedi appoggiati sul calcagno e le dita in su, (come per tenerli sopra i pedali ma senza usarli e detensionando di tanto in tanto), vi aiuterete ad attivare la ccordinazione verticale scordandovi di metterlo persino nel finale!

cosa fa la mano nel 10-4: definisce il piano f-e con 1, 5 e asse medulare e lavorando sugli estremi;
la reale difficoltà: sospendere il tempo e utilizzare il pedale solo alla fine.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.