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(Approfondimento del paragrafo: Errare humanum est del Non manuale per il pianista)

Molti pianisti ancora si interrogano sull’errore; lo vedo dalle parole chiave con cui i lettori entrano in questo blog: come si fa a non sbagliare, errori dei grandi pianisti ecc. ecc. In realtà sbagliare fa parte della nostra naturalezza e quello che manca è solo rendersi conto che l’errore è vitale e fonte di apprendimento.

Ken Robinson, tra i grandi innovatori del sistema dell’apprendimento, parla della paura di sbagliare come uno dei terrori che vengono imposti per bloccare la creatività e racconta in merito un episodio divertentissimo: tre bambini, durante una recita natalizia, impersonano i tre magi. Il terzo, quello che deve donare la mirra, non si ricorda più la sua parte e giunto il suo momento dice: “questo da parte di Frank!”.

La chiave giusta per riconsiderare il proprio rapporto con la paura di sbagliare si trova nella riscoperta del funzionamento spontaneo del corpo. Vi faccio un esempio con l’ansia, considerata comunemente qualcosa di negativo da curare e combattere. A nessuno viene in mente che l’ansia possa essere naturale, ad esempio se si sta correndo veloci in autostrada ed è prioprio quel grado di tensione a mantenerci attenti. Allo stesso modo la paura di sbagliare viene considerata come un lato oscuro da combattere e da cui difendersi solamente perché manca una comprensione reale del corpo. Di certo buoni consigli e riti scaramantici possono essere utili al momento, ma non intaccano ciò che la paura di sbagliare rappresenta: la distanza con un’espressione completa, naturale e soddisfacente. Abbiamo oggi inoltre una certa dimestichezza con il fenomeno della somatizzazione (un grado di tensione e difficoltà che si riflette nel corpo), ma nessuna con il suo opposto, la psichizzazione, ovvero quanto concorre la vita dell’organismo a creare un blocco che ci appare come psichico. La vergogna di suonare – vista con questa nuova ottica – diventa per noi una non completa maturazione dell’aspetto sessuale/affettivo e localizzabile se toccate la zona della cervicale 7 dorsale 1. Tale zona costituisce anche la base ossea del funzionamento nervoso delle braccia  per cui ecco come la vergogna (e paura di suonare) inibiscano dal punto di vista meccanico e funzionale le braccia e le dita.

Cerchiamo prima di capire perché il pianista è – tra tutti gli strumentisti – quello più ossessionato dalla paura di sbagliare. Il corno – per fare un esempio – è uno strumento difficilissimo. Anche musicisti diplomati di grande esperienza non possono garantirsi con certezza di non prendere delle toppe colossali, soprattutto nei passi orchestrali dove sono più esposti (pensate all’inizio del secondo di Brahms!). Eppure non ho mai conosciuto un cornista che fosse intimorito dalla paura di sbagliare quanto i pianisti: perché?

La osei frontale – il movimento vitale avanti che si origina dalle spalle – è indissolubilmente legata alla psiche pragmatica. Il pianoforte si suona con le spalle, quindi il pianista più di ogni strumentista ha paura di sbagliare perché è imprigionato dal pragmatismo, dall’efficacia, dalla tecnica. E quindi riesce a cercare solo soluzioni pragmatiche, ricette efficaci, senza mai riuscire ad andare a fondo del problema.

Perché si sbaglia

  • non si riconosce la propria TPE (tensione parzializzata eccessiva) di fondo, ovvero ciò che blocca (superficialmente o in profondità) il nostro movimento vitale, le zone del nostro corpo che non reagiscono al movimento e che rappresentano la sovraeccitazione o l’inibizione della nostra identità puramente naturale; (niente di più facile trovarle, leggendo il mio ebook Seitai al pianoforte e praticando gli esercizi.)

è sbagliato sin dall’inizio il modo di studiare;

  • non si mette sul binario giusto una composizione perché non si intuisce la naturalezza di base di un autore (Brahms, per fare un esempio richiede un’emotività introvertiva che fa sì che la mano sinistra sia ordinatrice, Beethoven richiede al pianista di attivare la sua torsione e il corretto utilizzo di gomito e anulare, tutto verso l’alto per Bach, avanti per Chopin e Liszt ecc.);
  • non si sanno leggere i segnali del corpo che continuamente ci indicano la direzione giusta da prenderequando non si rende conto che l’errore è un chiaro segnale del corpo di cosa “dovrebbe” fare;  (pianista esasperato da un passaggio che non gli viene prende a manate la tastiera = fai partire l’energia dalle spalle liberando i polsi…);
  • non si riesce a creare un ritmo di tensione-distensione (nessuno ce lo insegna!) per cui l’errore nasce dal fatto che il pianista non respira e l’energia accumulata deve pur scaricarsi;
  • non si la minima idea di quale necessità corporea prevalga (La tecnica pianistica? Soddisfare la sensibilità corporea) in modo personale. Diventiamo pianisti omologati; scale e arpeggi per tutti: l’errore in questo caso sarà la scintilla di rivolta di Spartaco;
  • non si conosce la propria coordinazione naturale perché lo studio è troppo volontario, sbagliare quindi diventa la sana e naturale autoregolazione del corpo.

Aiutiamoci facendo una piccola carrellata video nel mondo dell’errore pianistico.

Chi ha caricato su youtube questo video probabilmente non ha la minima idea della tremenda tensione che vive un giovane pianista ad un concorso. E poi chi fa una magra figura è il giudice, perché non sa neanche “dare portanza” al suono della bottiglia. Lo evidenzio solo perché è visibile, nella parte esposta del braccio destro del giovane concorrente, il blocco proprio della osei frontale, fra l’altro in uno studio che richiede al contrario un movimento laterale che lasci esposta la zona del secondo dito.

Vediamo ora un pianista famoso per non sbagliare mai: Arturo Benedetti Michelangeli. La ricerca di un’esecuzione perfetta fa di certo parte della sua naturalezza ma in questo caso, e complice Brahms – musicista emozionale – accade che si lascia andare a tal punto all’interpretazione da permettersi di prendere una toppa clamorosa (a 2:56). Ottimo, perché quando l’interpretazione sgorga copiosa è più naturale che accada l’errore: ha appena realizzato un crescendo memorabile, nato da un vero silenzio, l’errore viene quindi da una  scarica dell’energia utilizzata. L’errore in questo caso è ammirevole quanto una ferita in battaglia… quando si vuole osare.

Rimanendo con i grandi pianisti, e solo per confortare gli studenti e i giovani concertisti, le “toppe” di Horowitz nascono dal fatto che penso sia il più pigro tra i pianisti (lo si vede dal bacino… dispersivo). Fidandosi ciecamente del suo movimento avanti (provatelo anche voi: se esasperate la seduta in avanti, le dita si appiattiscono, stirandosi per funzionare solamente a livello muscolare) accade che vada spesso fuori binario. Nel suo caso sbagliare (e si può arrivare a prevedere i suoi errori!) rappresenta il bisogno vitale di equilibrare dispersione con concentrazione (lo si capisce quando butta sulla tastiera dei fortissimo…).

Queste fantastiche “toppe” di Rubinstein nella seconda sonata di Chopin sono le più istruttive: la sua coordinazione pianistica nasce dall’equilibrio tra movimento laterale (lato destro) e verticale. Famose infatti sono la sua postura dritta e la sua memoria visiva. Tuttavia, in questo concerto “storico”, per un eccesso di emotività il suo equilibrio di coordinazione vitale si sfasa e l’errore che lo tradisce viene dalla sua stessa naturalezza verticale: un buco di memoria. Nonostante ciò – e questo dovrebbe confortare chi teme l’errore – il livello di energia e qualità comunicativa non viene affatto perturbata.

Anche Maurizio Pollini è un pianista “emozionale”, e lo possiamo vedere al suo ingresso sul palco in questo video con le spalle ad altezza diseguale (ci sono voci di corridoio che raccontano che portò alle lacrime l’intero uditorio della Scala con la Terza Sonata di Chopin), ma risolve il problema regolando il movimento laterale con quello “avanti”. L’emozione diventa pragmatica ed efficace: siamo di fronte ad un pianista che difficilmente sbaglierà. La timbrica – che lo orienta per naturalezza – mescolata a questo movimento avanti, crea quel suo tocco e modo di suonare unico e irripetibile.

Igor Kamenz ha una sensibilità “centrale”. Vi lascio osservare nel video i continui ingressi (si tratta di un “bis”). Potrete chiaramente osservare come il suo movimento sia guidato dal bacino, soprattutto quando si inchina. Una sensibilità come la sua concepisce la musica come un’onda unica, abbracciata dall’inizio alla fine. E Kamenz è un pianista che non sbaglia, ma quando lo fa, lo fa clamorosamente: è l’onda che viene per un attimo interrotta.

Tenere la testa abbassata è un buon metodo,
impediscealla tensione cerebrale di “salire”, come fa il pianista Jorge Bolet che ci da l’immagine in evidenza di questo articolo è un buon modo per non sbagliare in modo naturale ed essere più tranquilli. L’attività nervosa è sempre un movimento verticale, ma quando è sovraeccitato, si rimane “alzati”.

La prima vertebra lombare eccessivamente alzata causa… il panico da palcoscenico. Gli ultimi filmati disponibili dei condannati a morte ci mostrano degli uomini avvicinarsi al patibolo in punta di piedi!

Quindi tenere giù la testa – come fa il bravissimo pianista Jorge Bolet – è un buon metodo per abbassare la tensione cerebrale.

Bisogna imparare a fidarsi dell’errore, perché senza saperlo, ci sta portando inevitabilmente sulla strada giusta. Il problema è che non ci fidiamo più del corpo e non sappiamo dialogare con la sua realtà. Inoltre l’attività cerebrale – soprattutto in questi tempi di società liquida – risulta non più integrata al sistema vitale.

Cosa fare?
Il cammino è di trasformazione: dalla paura dell’errore si arriverà a non aver più “bisogno” di sbagliare. In mezzo l’assoluta consapevolezza che l’errore sia un amico fidato piuttosto che un attendente traditore. L’errore colma la distanza con la vostra maturazione  – come uomini e artisti – reale.

1.   Quando studiate prestate una piccola attenzione a cosa vi accade quando riposate o nei momenti di pausa: il corpo vi segnalerà con la massima fedeltà ciò di cui avete bisogno e di cui dovete imparare a fidarvi; ricordo un allievo di canto che non riusciva a fare dei complessi vocalizzi, nonostante tutto l’aiuto tecnico e propriocettivo della sua insegnante: al primo momento inaspettato di pausa si è appoggiato con il fianco destro al muro: bisogno di riposo e coordinazione laterale!

2.   Cercate sempre il piano f-e, la verticalità che offre sempre la giusta struttura: sempre disponibili a dover ristudiare un pezzo completamente da capo dalle sue fondamenta;

3.   Lasciate interagire i movimenti vitali (vi potrebbe venir voglia, mentre studiate, di improvvisare, storpiare i tempi ecc.);

4.   Cercate di individuare la TPE a partire dalle proprie mani;

5.   Riflettete e provate considerando il movimento naturale delle mani;

6.   Cercate la vostra coordinazione naturale (vedi l’esempio di Rubinstein);

7.   Non siate schiavi della diteggiatura, ma adattatela alla vostra personale coordinazione;

8.   Scoprite che la coordinazione è frutto di una continua e totale interazione;

9.   Lasciate che si coordinino l’ascolto e la respirazione;

10.   Scoprite la sensibilità corporea che vi appartiene: vi guiderà come un binario.

Insomma, cominciate a incorporare il Seitai nel vostro studio pianistico, avete qua tutti gli strumenti che possono servirvi.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e di prossima pubblicazione su Amazon, il rivoluzionario Seitai al pianoforte - suonare con i 5 movimenti. Il Seitai spiegato allo studente di pianoforte, ad uso dei Conservatori e Civiche Scuole di Musica.