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Un’altra scoperta di Noguchi di portata universale è quella di “Osei”.

Sei (risposta, reattività), oo (qualità) si traduce letteralmente come reattività, ma poiché questo termine è utilizzato anche in biologia, fisica e psicologia con altri significati, Katsumi ha preferito mantenere il termine giapponese. In giapponese non esiste il plurale.
Cosa è il concetto di osei? Quando vi connettete ad un movimento, si installa in voi anche una percezione della realtà ben definita. Se vi connettete al movimento ascendente, per esempio, ben presto sentirete una certa tranquillità motivata dall’attivazione del Sistema Nervoso, se state suonando Bach ne renderete anche la natura contemplativa. Questo perché a livello spontaneo l’aspetto motorio, energetico, biologico e psichico sono unificati.
Per la prima volta il pianista può suonare connettendosi direttamente alla propria attività cellulare e spontanea.
Osei di taiheki
Cuore dell’osservazione seitai, taiheki (letteralmente abito corporeo) è un termine creato da Noguchi per segnalare un condizionamento ereditario e congenito. E’ la osei (o le osei) che maggiormente funzionano in ogni essere umano. Ci permettono di essere unici e irripetibili.

La osei di taiheki è qualcosa di impossibile da intendere, solo la persona interessata può farlo, approfondendo la propria vita.

Conoscere il taiheki di alcuni compositori grazie agli scritti dello stesso Noguchi, grande appassionato di musica classica, mi ha aperto orizzonti incredibilmente vasti. Quello frontale passivo di Chopin, per esempio, che mette in secondo piano il “poeta” e vi mette in luce – finalmente – la sua incredibile capacità didattica, a tutt’oggi insuperata. La osei di taiheki verticale di Bach ci delinea senza ombra di dubbio come andrebbe interpretato, affrontato e studiato. Giustificato anche il suo grande posto di rilievo nella didattica pianistica.

Le osei di taiheki non si limitano al singolo individuo ma, allo stesso modo degli strati di una cipollapossono esserci osei di taiheki di metodi, di scuole, di…

Nazionalità

I russi presentano una osei di taiheki nazionale centrale; poiché suonano coinvolgendo la parte penultima/base di mani e braccia, hanno dalla loro una forza e una capacità insuperabili, che vi spiega la loro superiorità tecnica da sempre, l’esuberanza e una scuola che porta il loro nome, e un compositore che al pianoforte può essere eseguito solo da un russo: Modest Musorskji. I giapponesi verticale –; abnegazione,  senso dell’onore e della precisione, grande raffinatezza di particolari appena acquarellati, raramente un primo posto nei concorsi. Gli spagnoli rotatori, pochi i pianisti storici, tutti che “si fanno notare”. Gli inglesi verticale +, ci tengono a far sapere che sono bravi, i tedeschi verticali con “torsione“: ci tengono a far sapere che sono “migliori”.

Gli americani risentono del pragmatismo della osei frontale +.


Una parentesi a questo riguardo è doverosa. Poiché il pianoforte si suona a partire dalle “spalle”, i pianisti americani dovrebbero essere i migliori, ma nella realtà non è così. Hanno ottime scuole, costruiscono ottimi pianoforti, ma i pianisti più rappresentativi dell’America rimangono… Leonard Bernstein e George Winston.  In compenso l’america è il crogiolo ideale (quando non rubano le idee) per uniformare le più disparate tendenze. Una per tutte: mentre Rachmaninov e Horowitz diventano star di Hollywood, Van Cliburn umiliava i Russi nel vivo del loro più prestigioso concorso!

 

I cinesi rotatori – , un pò per necessità (sono in tanti!) e un pò per costituzione (una certa fragilità della zona lombare). Sono fortemente competitivi ma fragili nella loro disperata ricerca di modelli di riferimento. Mi spiego meglio. Se dite a un pianista cinese che non suona bene, non se la prenderà a male (nella stessa situazione il giapponese si toglie la vita, l’italiano si deprime, l’americano non capisce). Ma se gli dite che suona meno bene di Tizio, non avrà pace finché non sarà migliore di Tizio, Caio e Sempronio. Comprendete quindi come non sia facile sfuggire a questo meccanismo nazionale per trovare una reale identità; ma quando la trovano… Il primo a uscirne è stato Yundi Li: uno dei premi Chopin più meritati, Lang Lang si sta rendendo conto ora che essere se stessi è più importante, non… più conveniente. Aspetto con trepidazione che esca dalla muraglia cinese (via Deserto del Gobi, come Gengis Khan) anche Yuja Wang, perché penso che sia la pianista cinese che riserverà più sorprese.

I francesi frontali – (come Chopin! Avete capito perché non si allontanò più da Parigi?).

A questo punto si insinuerà in voi il sospetto che il pianista ideale sia proprio… il frontale -: compresi i colossali pianisti canadesi, se vi possono bastare Louis Lortie, Marc-André Hamelin, Angela Hewitt e la fulgida eccezione di… Glenn Gould.

E noi italiani?

Laterali –

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tendiamo a pensare con l’emozione negativa mantenendo in uno stato di continua inerzia la nostra vera natura: quella emozionale.

Se vuoi saperne di più per: Essere… un pianista Italiano.

zenchopin

Musicoterapeuta e trainer vocale prima, istruttore di seitai e formatore adesso. Appassionato pianista, Alberto Guccione ha pubblicato Non manuale per il pianista (Casa Musicale ECO, 2011) e a marzo 2017 il rivoluzionario e-book Seitai al pianoforte, disponibile su Amazon.